Gianfranco Giorni a Citerna

Di mestiere fa l’artista e più precisamente crea sculture.

Un piccolo e gracile uomo il cui giardino atelier da qualche anno frequento (Fot.1).

Giardino contiguo ad un vecchio mulino con annessa fornace lungo il fosso di reglia (reglia dei mulini) ben conosciuto dagli Anghiaresi suoi concittadini.

I più vecchi lo conoscono anche come:  “fosso d’Acquaviola” e sanno il perché il nome evochi temperanza e giusta misura.

Nasce dal “fiume sacro” quel fosso, anzi… Era proprio il vecchio letto del Tevere poi deviato e si dice che della deviazione se ne sia occupato Piero della Francesca dopo la peste del 1468 per sanare la palude nella valle e levare cagione di malaria.

Un uomo piccolo, gracile, a volte, sofferente e provato che l’atto creativo richiede possanza ed energie che mai, alla sua vista, ci immagineremmo Gianfranco potesse avere.

C’è stato un tempo poi in cui la stupidità dell’uomo ha precluso all’abitante del giardino atelier la vista del castello di Anghiari e il panorama delle colline che sull’altra riva del fosso hanno eretto un insulso, inutile ed enorme capannone (il giudizio è personalissimo e, nel personale, ci siamo assolutamente limitati che pensiamo molto peggio).

La fabbrica del capannone ha prodotto nel piccolo uomo sofferenza indicibile e la sua splendida opera nasce oggi anche dal superamento di questa immeritata prova.

Piccolo, gracile, macilento, a volte depresso e o comunque triste dentro per manifesta e palese insoddisfazione di qualche cosa lo trovo quasi sempre intento a pulire, lisciare, patinare le sue opere con cura maniacale.

Lavora spesso en plein air Gianfranco come Eduard Manet ed il suo giardino ha un non so che di quello delle delizie di Hieronymus Bosch che le sue forme sono fantastiche e per niente scontate. Eppure, acceso il forno, il piccolo uomo, si trasforma in un possente gigante e il suo studio fucina, sul limitare del giardino, si trasforma d’incanto nell’antro del Dio Vulcano (Fot. 2).

Non mi pare che ci sia un’incudine e non ci sono martelli che in iconografie mnemoniche scandiscono il suono nell’allegoria della musica rappresentata dal fabbro.

Qui non c’è bisogno che tutto, intorno, è già musica.

L’acqua del fosso porta memoria di campi centuriati, di filari di viti maritate agli oppi (di impianto, forse, ancora più antico di Roma) e tutto qui è (era) misura sapiente e classica perfezione anche musicale.

Non ha scritto il De Perspectiva Pingendi Gianfranco, non si è occupato dei solidi platonici, niente trattati di matematica e o commenti agli scritti dell’infinito Archimede… per questo c’è già stato Piero… il gigante e il suo progetto.

Apparentemente senza progetto, per via delle giuste proporzioni tra i due, le forme di Gianfranco e pur tuttavia sempre riconoscibilissime e di una misura più unica che rara.

Phi è innato nella testa di Gianfranco e fluisce nelle opere attraverso le sue mani in forma che ci pare assolutamente naïf e spontanea con una serie impressionante di decimali che lo avvicinano alla perfezione.

Phi si chiama anche Divina Proportione, per la felice intuizione di Pacioli (il ladro cialtrone che forse ha rubato a Piero anche questa definizione).

Il numero Phi ci giunge direttamente dalla Grecia di Euclide e indica un rapporto   (proporzione divina e o anche aurea) il cui valore esatto è pari a 1,6180339887 (con infinite altre cifre decimali prive di sequenze ripetitive):

-questo numero, ancor oggi pieno di mistero e sempre affascinante, rappresenta un interessante amalgama di quantità ed estetica.

Se applicato al disegno, necessario alla rappresentazione di qualsivoglia oggetto in natura, contiene in sé il miracoloso potere di rendere all’immagine riprodotta una perfetta armonia tra le parti.

Non c’è dubbio alcuno che il fascino delle opere di Gianfranco stia tutto in un armonia che suscita stupore e meraviglia di forme nuove in perfetto equilibrio.

Oggi a Citerna splendida terrazza sull’alta valle del Tevere che poi non è altro che la valle dell’Eden l’opera di Gianfranco è celebrata nella mostra:

“L’eleganza della scultura” (Fot. 3-4)

L’evento è a cura di Emanuele Geloso per la rinomata Galleria Turelli di Montecatini ed il catalogo (Fot.5), con note critiche del prestigioso Gianmarco Puntelli e di Attilio Brilli (lo storico commentatore, altrettanto prestigioso, del nostro).

Bellissima mostra anche se, personalmente, non comprendiamo la scelta del luogo.

Non comprendiamo la scelta, non per Citerna che è splendida e certamente deputata con amministratori più che lungimiranti… è che ci piacerebbe vedere Gianfranco un po’ più lontano e in altre realtà meno provinciali e desuete cosa che certamente merita.

Oseremmo pensare a Parigi, Londra, New York, Berlino… Roma!

Citerna, senza nulla togliere alla ridente cittadina umbra è, tutto sommato, anche troppo vicina al suo paese, giardino/atelier…

Turelli si dia da fare! Non penserà mica, dopo le due di Anghiari (in coppia con Domenico Monteforte e da solo) e Citerna, ad una ulteriore tappa in quel di Sansepolcro (recentemente per Gianfranco è già stata sede di una collettiva con Calli Vincenzo, Rossi Carlo e Antonelli Riccardo… ) o Città di Castello?

Anghiari, tra l’altro, sarebbe stata terrazza sulla valle ancor più bella che imponenti ed unici sono, a riguardo, gli spalti di Girolamo Magi… se la vista del paese non fosse preclusa da un “osceno” capannone.

 Non vi disturbate a dircelo… sappiamo benissimo da soli di essere bastardi dentro assolutamente ingestibili ed irrecuperabili. Noi bastardi e forse peggio.

Giorni artista vero e di levatura internazionale.

Mandatelo via da qui… almeno per un po’!

 

-dall’inviato speciale: Roberto Manescalchi

Pubblicato da Redazione