I (veri) numeri dell’allarme “razzismo”

Se lo chiede Wilfred Reilly, professore associato di scienze politiche alla Kentucky State University, autore del libro “Hate Crime Hoax” (“L’imbroglio dei crimini d’odio”), in un recente articolo sulla versione online dal quotidiano Usa Today.

Dal suo studio emergono dati tutt’altro che trascurabili: durante le sue ricerche, il docente è stato in grado di rintracciare 409 notizie prive di fondamento.

Un elenco sovrapponibile solo in minima parte a quello presente sul sito fakehatecrimes.org, che enumera 348 bufale, e alla rassegna di altri 300 casi sbugiardati già presentata dal ricercatore Laird Wilcox nel suo libro “Crying Wolf” del 1993 (l’espressione “crying wolf” si traduce come “falso allarme”, ma rimanda alla famosa fiaba “Al Lupo, al lupo!”).

Per contestualizzare meglio questi numeri, può essere utile sapere che l’FBI ha ricevuto segnalazioni per più di 7mila crimini di odio nel 2017, ma tra questi solo l’8-10% ricevono abbastanza copertura mediatica da rendere possibile una ricerca a livello nazionale: in parole povere, il conto degli allarmi rivelatisi – al termine delle investigazioni – vere e proprie messinscene potrebbero essere molto più alto di quanto si suppone.

Solo ricerca di notorietà?

Ma perché le persone denunciano crimini mai avvenuti?

In alcuni casi, alla base dell’imbroglio ci sono ragioni prevalentemente economiche o ricerca della notorietà: Jussie Smollett, ad esempio, sperava con tutta probabilità che questa denuncia gli avrebbe garantito un picco di popolarità, portando magari a un cospicuo aumento dei compensi economici ricevuti nella serie Empire.

Eppure molti tra questi soggetti, imbroglioni o mitomani, hanno altre intenzioni, a loro dire buonissime.

Intenzioni non differenti da quelle manifestate, ad esempio, dal maestro elementare di Foligno che “voleva spiegare ai bambini la Shoah” e da tutti quelli che, beccati ad aver simulato o inscenato un crimine, si sono giustificati dicendo di aver solo voluto richiamare l’attenzione su reali episodi di razzismo o sessismo.

Intenzioni che la maggior parte dei media ha seguito e premiato, nella migliore delle ipotesi credendo di fornire un utile servizio pubblico, nella peggiore soltanto per spingere un preciso tipo di agenda politica.

E si sa che a pensar male si fa peccato, ma tante volte ci si azzecca.

-art. di Alice Battaglia-

Pubblicato da Redazione