L’Italia degli imboscati / Inabilità al lavoro e permessi, ecco tutte le carte false

015835318-19cf509a-f0d9-4e08-892d-a0a9a43f3043Nella sanità pubblica il 12% dei dipendenti esentato da alcune mansioni per le quali è stato assunto.

Cosa dobbiamo pensare quando a Palermo 270 netturbini hanno potuto esibire un certificato medico che vieta loro di spazzare le strade;-quando in Calabria oltre la metà del personale sanitario riesce a farsi trasferire dietro una scrivania e il 50 per cento dei dipendenti della protezione civile lavora al centralino;

-quando a Como gli operai assunti dal Comune diventano di colpo impiegati;

-quando a Pescara 50 infermieri e operatori socio-sanitari svolgono mansioni solo amministrative;

-quando a Firenze il 40 per cento dei vigili urbani passa più tempo in ufficio che in strada?
Ecco a voi l’Italia degli imboscati.

Sbaglierebbe chi volesse vedere in questo fenomeno comportamenti palesemente illegittimi.

Non stiamo parlando dei furbetti che timbrano e se ne vanno a spasso, degli assenteisti cronici, o di altri piccoli truffatori del pubblico impiego.

Stiamo raccontando una storia di formale legalità, non per questo meno scandalosa: la storia di chi, soprattutto nel settore pubblico, riesce senza fondate motivazioni a evitare, per “inidoneità parziale” o per abuso della legge 104, il lavoro per il quale è stato assunto (un lavoro spesso duro, faticoso, delicato) facendosi trasferire tra le scartoffie di un ufficio, lontano dalla strada, lontano dai cittadini. Una premessa è d’obbligo: andare incontro a malattie o infortuni parzialmente invalidanti o dover assistere parenti disabili sono sacrosante e indiscutibili ragioni per cambiare mansione, per evitare i lavori più gravosi, o più semplicemente per avere permessi e congedi.

Ma qui stiamo parlando dell’abuso che si fa di questi diritti, grazie a migliaia di sconsiderate autorizzazioni rilasciate dalle commissioni mediche.

La conseguenza è doppia: si creano vuoti preoccupanti nei lavori più richiesti (dagli infermieri ai vigili urbani) caricando un peso sempre più insostenibile sulle spalle di chi nel pubblico impiego dà l’anima tutti i giorni; e si penalizza chi tra i lavoratori avrebbe veramente bisogno di assistenza.
I record del Sud. E’ soprattutto al Sud che l’esercito degli “inidonei” si infittisce in misura anomala. Nell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, su 1.178 dipendenti, 652 (oltre la metà) lavorano a regime ridotto.

Ottanta psicologi della sanità regionale – come più volte denunciato dal commissario straordinario Massimo Scura, invece di aiutare i pazienti, sono finiti negli uffici amministrativi.

Tutto in Calabria sembra funzionare al contrario: più di cento medici lavorano nel reparto prevenzione, dove ne servirebbero meno della metà, e rimangono invece scoperti screening oncologici e assistenza domiciliare.

Ma gli imboscati non sono solo nella sanità.

Un terzo dei vigili urbani di Napoli ottenne tempo fa certificati medici che consentivano loro di evitare la strada. Qualcuno non poteva guidare l’auto di servizio, qualcun altro neppure rispondere al telefono o stare più di pochi minuti al computer.
I veri e finti disabili.

A Palermo sono tuttora circa 400 gli “inidonei temporanei”, tra autisti che non possono guidare, netturbini che non possono spazzare le strade, giardinieri che diventano improvvisamente portieri

A Milano 4 dei 5 ispettori della società comunale Sogemi, che avrebbero dovuto controllare l’Ortomercato fra le tre di notte e le otto del mattino, hanno rapidamente ottenuto l’inidoneità al lavoro notturno.

Fin qui alcuni degli innumerevoli casi di “imboscamento” per inidoneità. Ma c’è un altro strumento (di per sé sacrosanto) di cui si è fatto e si sta facendo un abuso che supera i livelli di guardia.

Ed è la legge 104, una grande legge di civiltà, perché offre una serie di benefici ai lavoratori disabili gravi, o ai genitori, coniugi, parenti e affini entro il terzo grado di familiari disabili gravi. Oltre ai tre giorni di permessi retribuiti al mese per l’assistenza, la legge dà loro il diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, di rifiutare eventuali trasferimenti, eventuali lavori notturni e in alcuni casi anche lavori domenicali e festivi. Per le stesse categorie scatta anche il congedo straordinario retribuito di due anni.

Tutto molto giusto, se non fosse che anche in questo caso c’è chi se ne approfitta, sono i “furbetti della 104“, che accertamenti medici quanto meno superficiali hanno inserito e continuano a inserire tra i disabili gravi meritevoli di assistenza.
I congedi e benefici.

Prima anomalia: negli ultimi cinque anni – dice l’Inps – gli accessi alla legge, per la propria disabilità e per quella dei familiari, sono cresciuti rispettivamente del 22,5 e del 34 per cento. Seconda anomalia: Nel pubblico impiego – ancora dati Inps – i beneficiari della 104 e dei congedi straordinari sono 440 mila, ossia il 13,5 per cento di tutti i dipendenti, mentre nel settore privato sono appena il 3,3 per cento. Certo, in qualche misura può pesare il fatto che un dipendente privato, per timore di perdere il posto, sia meno propenso a chiedere quei permessi. Ma questo non basta a spiegare una differenza così macroscopica.
Quando un anno fa si scoprì che nella scuola Santi Bivona di Menfi, un paese dell’agrigentino, addirittura il 41% dei docenti (settanta su centosettanta) usufruiva della legge 104, il ministero dell’istruzione fece partire un’inchiesta in tutta Italia.

Risultati anche qui inquietanti, e questa volta a toccare i record negativi troviamo insieme al Mezzogiorno anche il Centro Italia.

Così, mentre la Sardegna è in testa per docenti di ruolo disabili gravi o parenti di disabili (il 18,3 per cento), all’Umbria va il primato del personale non docente che beneficia della legge: il 26,3 per cento. Si posiziona bene anche il Lazio, con il 16 e con il 24,8 per cento. In Veneto, Piemonte e Toscana, al contrario, troviamo il minor numero di beneficiari.
Le maglie della 104. Centro-Sud e Isole riescono dunque ad allargare a dismisura le maglie della 104, riuscendo per esempio a inserire tra i disabili gravi i figli celiaci, oppure le nonne residenti a centinaia di chilometri di distanza. C’è chi riesce addirittura a ottenere più di una 104. Se questo è il quadro generale, non è difficile capire perché soprattutto al Sud interi servizi pubblici essenziali restano solo sulla carta mentre quelli meno necessari traboccano di personale per lo più inutile.

E perché gli stessi ispettori che dovrebbero verificare sul campo tutti questi abusi non di rado finiscono essi stessi tra le file degli imboscati.

Marco Ruffolo– da R.it Economia & Finanza-

Pubblicato da Redazione