Nei partiti la pratica della democrazia è scomparsa e la pratica della cooptazione imperversa

Fosse solo un problema dei 5Stelle, ci sarebbe da ridere. Conte e Grillo, da mesi, litigano, fanno pace, e poi nuovamente litigano;  si spartiscono il potere senza che nessuno ci metta bocca: non i senatori, nemmeno i deputati e, dei detentori delle cariche o dei ministri, nemmeno a parlarne.
Tutti zitti e, soprattutto, attenti a non dispiacere all’uno o all’altro. Non si sa mai.!!!!
Ma il problema è che i grillini e le loro pratiche non rappresentano una eccezione: “Accade così in tutti i partiti, la pratica della democrazia è scomparsa e la pratica della cooptazione imperversa”.
Esistono alcuni capi che si spartiscono incarichi di partito e incarichi pubblici per affidarli ai loro fedeli: in pratica, dispiace dirlo e non vogliamo offendere, alla servitù.
Quale altro ruolo può svolgere chi non viene democraticamente scelto ma viene piazzato in posizioni di potere in base alla fedeltà ad un capo?
E’ il paradosso di questa democrazia afflitta dalla cooptazione. Si basa sui partiti, ma i partiti non conoscono la pratica democratica al loro interno: e tanto basta a spiegare perché il prestigio di tutte le forze politiche sia sceso così in basso.

Eppure, la storia dei nostri partiti avrebbe potuto avere un corso diverso, sarebbe stato sufficiente dare ascolto a chi si era accorto delle nuvole che si stavano addensando ed aveva intuito il modo di correre ai ripari.

Giorgio Pizzol, da senatore, presentò il 13 novembre 1991 il Disegno di legge n. 3047: “Norme di attuazione dell’articolo 49 della Costituzione” che così  recita:

-“Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

Eravamo alla vigilia di Tangentopoli: e non è azzardato pensare che tutta la mattanza che ne seguì si sarebbe potuta evitare se la legge Pizzol fosse stata discussa e approvata.

“Desidero che tu sappia – ricorda Pizzol – che la mia esperienza politica è stata sempre improntata dalla mia idea fissa (o forse fissazione, malattia mentale) che senza la pratica effettiva della democrazia interna ai partiti non esiste democrazia”.

Una fissazione che condusse Pizzol a scontrarsi  con gli apparati dei partiti nei quali ebbe a militare: sindaco comunista di Vittorio Veneto, senatore socialista e, a metà legislatura nel gruppo socialdemocratico come indipendente.

Alla base di questi scontri, sempre il solito motivo: la scarsa democrazia dentro i partiti e la soffocante invadenza degli apparati.

Nel frattempo, sarà utile rileggere il suo disegno di legge del 1991, anche tenendo conto che la situazione di oggi non è quella di allora.

Nicola Cariglia