Opere d’arte tra le tele del Sor Livio in mostra a Sansepolcro

In uno storico negozio delle telerie Busatti, quattro artisti valtiberini, da venerdi ultimo scorso… non so per quanto, ma certamente per un po’!

“Le nostre maglie sono andate in guerra sul Carso, San Michele e Sabotino ed han seguito il fante sottoterra, condividendo tutto il suo destino.” 

Volevo premettere qualche cosa sull’impresa Busatti, e sono andato a sbirciare qualcosa nel loro sito.

Chi me lo fa fare di riassumere? A parte queste due curiosissime righe in rima…

Meglio molto meglio che andiate da soli a vedere chi sono e chi fu il Sor Livio.

Vi dico solo che a me verrebbe di parlarvi della reincarnazione di un console dell’Arte della Lana in qualsivoglia accezione positiva che di negativo niente c’è mai in coloro che lo hanno conosciuto e lo ricordano.

Gli Artisti tra le tele in rigoroso ordine alfabetico:

Antonelli Riccardo

Questo che a me sembra un giovane con belle prospettive, ma che ha ancora tanto da farsi seppur con il pregio indiscusso che le sue opere spesso si riconoscono e portano identità precisa ho scoperto che ha addirittura una recensione di Achille Bonito Oliva: “Riccardo Antonelli pone l’uomo al centro della sua tela ,il volto abnorme .. umanissimo che tanto sconforta e sconcerta un pubblico quasi scrutato da quelle grandi pupille , da quell’aria indagatoria e giudicatrice . Il quadro per Antonelli diviene uno specchio pauroso in cui non si riflettono le nostre virtù ma le nostre colpe . Lo specchio ormai fisso in quell’immagine , bloccato in quella fisionomia , è quasi un memento mori costante che ci osserva ogni qual volta noi cediamo al desiderio di compiacere il narcisimo e l’egotismo . Lo specchio assume valenza di manifesto , di slogan morale contro i vezzi della società attuale , verso il nichilismo di cui siamo tutti imbevuti.

Confesso che leggo da sempre malvolentieri Bonito Oliva per cronica insofferenza al suo argomentare e al suo modo di scrivere che troppo spesso neanche mi sforzo di capire, ma che, ovviamente non può essere disconosciuto… sono certamente io in difetto.

Tuttavia ritorno al giovane, non me ne voglia che un po’ più vecchio sono, è forte, vigoroso fin quasi a divenire superbo che non è vizio, ma sana consapevolezza dei suoi mezzi.

Lasci le strade particolari e strane che ogni tanto intraprende, si concentri sui suoi pregevoli e personalissimi ritratti e o sui suoi bellissimi paesaggi dell’anima ancora tutta da esplorare e butti via quella insulsa caffettiera del suo trascorso che non appartiene al suo luminoso, sembrerebbe in grado di inseguirlo e me lo auguro per lui, futuro. In mostra un interessantissimo paesaggio dentro in ognuno di noi.

Vincenzo Calli

Che dire di Vincenzo, ho già detto di tutto e di più che ho recensito proprio in queste pagine la sua ultima mostra: Into Eden, al Castello dei Conti guidi.

Lui è già uno dei più importanti pittori italiani e mi pare che un suo catalogo sia addirittura presentato da Vittorio Sgarbi che, contrariamente a Bonito Oliva, leggo sempre con enorme piacere. Semplicissimo anche quando spiega concetti difficili adoro il suo eloquio e comprendo fin troppo bene anche qualche sua intemperanza. Certamente un principe della critica italiana e Vincenzo e la sua opera se lo meritano tutto. Vincenzo è ormai contraddistinto da un percorso chiarissimo e inconfondibile, per caratteristiche precipue di antichissimo Etrusco o Greco, è tutta la sua opera.

Ho dato un occhiata al suo sito e, invero, una piccola critica la devo muovere: nell’elenco di quelli che hanno scritto di lui io ancora non ci sono e farà bene a provvedere presto che io Lorentino con Piero della Francesca non l’ho ancora scambiato. Naturalmente, come tutti, adoro le donne di Vincenzo. Di nascosto e non ditelo… che sono intimamente sue! Quasi quasi non la pubblico questa donna che ha messo in mostra!

Gianfranco Giorni

Gianfranco è un carissimo amico. Vive e lavora nei pressi del fosso di reglia, acquaviola, reglia dei mulini o vecchia sede del letto del Tevere prima che Piero della Francesca, nel 1469, lo deviasse. Io, un po’ più a valle del suo studio -sempre in riva alla stessa acqua e con i piedi infangati dalla stessa mota- ci sono nato e ci ho vissuto. Un legame ancestrale, se è vero che l’acqua ha memoria, ci unisce.

Ma io conto poco che un po’ più in giù, quasi in prossimità dello stato di sotto -dove è bene ricordarlo sono salati con sale grosso- ma ancora in Toscana la stessa acqua ha visto il rigore scientifico e le misure della bellezza di Piero.

Gianfranco non è Piero.

Gianfranco è umano e in quanto tale mortale, ma non so per quale arcana coincidenza in questo scultore il valore di chi è prossimo a quello che era nella testa di Piero.

Forse non lo sa neanche lui, ma dalle sue mani, quel che è certo, che dopo alquanto tormento -a volte quasi perdizione- scaturiscono forme che producono estasi.

Il più importante sculture italiano a cavallo di vecchio e nuovo millennio non ha caso ha vinto un paio, se non ricordo male, di biennali internazionali di scultura di Palermo.

In mostra, tra le altre, la sua Arpista che oltre che tra le tele del Sor Livio ho visto anche a Villa Vigoni – centro di cultura Italo-Tedesco – sul lago di Como. Dalla Farnesina al negozio del giovane che nel nome perpetua la tradizione di Livio… bene che lo sappia che dubito molto che il taciturno Gianfranco lo abbia reso edotto!

Per Gianfranco vale quanto detto per Calli a proposito di quelli che hanno scritto di lui!

Carlo Rossi

Carlino (che non è una presa in giro, ma testimonianza di affetto e profonda stima) è uno sciagurato al cospetto dei tre di cui sopra. Non ha una recensione importante o almeno, scusa Carlo, non l’ho trovata! Addirittura c’è un altro Carlo Rossi in rete che gli occupa e, a mio avviso, usurpa, spazio. La rete, Wikipedia… la realtà virtuale sono oggi preponderanti.

Nell’enciclopedia degli idioti la voce Carlo Rossi è disambigua e mi sa che Carlo un catalogo delle sue opere non lo abbia, ma noi non siamo idioti.

Non siamo idioti e sappiamo perfettamente che Carlo è uno squisito e raffinato acquerellista. viene a noi direttamente dagli acquerellisti di fine Ottocento e dall’Accademia di Belle Arti di Urbino.

Non credo di sbagliare accademia… certo non sbaglio a riferirlo a gente del calibro di John Singer Sargent ad esempio e l’ho già detto.

Indulge un po’ troppo ad esigenze di leziosità buone per il ricordo per turisti e a volte tira un po’ via, ma quando ritrova se stesso e la sua più genuina sensibilità – cosa che dovrebbe rincorrere con più forza – i suoi acquerelli parlano di poesia e inducono emozioni.

In mostra un paesaggio della Val Sovara, quando ritrae la sua terra da il meglio di se, mi ha particolarmente impressionato.

Artisti e opere d’arte tra panni di pregio? Un luogo non deputato?

Non ci sono luoghi più o meno deputati per la bellezza. Questi quattro la sanno lunga e possono esporre ovunque, a maggior ragione in un negozio di raffinatissime e preziose tele.

Un equilibrio raro tra mercanzia e bellezza d’autore.

Tra l’altro per la via maestra in canto dei Graziani. Era li o poco più in la lo studio di Piero.

Sarà per questo che ho respirato un raro equilibrio formale? Tutto perfetto e misurato… Grazie!

-Roberto Manescalchi-critico d’arte- inviato speciale de ‘il Fendente’-

Pubblicato da Redazione