Da Anghiari: “Tovaglia a Quadri “/ Il racconto di un giornalista

“”Detto e  fatto”,  così inizia l’articolista di Turismo & Spettacolo.

Qualche giorno fa mi sono recato nel borgo medioevale di Anghiari, in Valtiberina, la parte più orientale della Toscana, per partecipare a una delle cene-spettacolo di Tovaglia A Quadri:

-la tradizione dura da ben 22 anni (un’inezia se vogliamo di fronte alla storia millenaria della città) e mette a tavola 120 commensali-spettatori a sera, che per dieci repliche (l’ultima sarà il 19 agosto) fanno 1200 bocche da sfamare, non solo spiritualmente, con una lista d’attesa di 600 persone pronte a subentrare in caso di rinuncia, molto rara per la verità.

Gli ospiti paganti sono sia anghiaresi, imparentati in qualche modo con i 17 concittadini-attori della compagnia costituita ad hoc (tutti dilettanti, nel senso migliore del termine), sia gente venuta fuori (nel mio caso su invito degli organizzatori) per vivere un’esperienza di immersione emotiva e sensoriale nel territorio e nelle sue peculiarità, gastronomiche, politiche, caratteriali… Già, perché il copione, fatto proprio e quasi incorporato dagli attori in un mese di lavoro (un professionista ci metterebbe di più) è ben radicato nella memoria collettiva e nella coscienza civile del popolo di Anghiari. All’inizio un ‘foresto’ come me fa un po’ fatica a calarsi nella parlata e nelle vicende narrate che si rifanno alla Storia ma marcano stretta anche l’attualità, con puntuali riferimenti alla politica locale, regionale e (di riflesso) nazionale.

Ma poi la simpatia e la verità scenica di Maris, Cecilia, Stefania, Sergino, Ermindo detto il Brindellone, Zanna, Ada, Miss Toscana e compagnia cantante hanno la meglio persino sui Brigoli al sugo, lo spezzatino di Chianina e le altre specialità del menù tipico in quattro portate, sorta di entr’acte fra una scena corale e l’altra. Tempo un’ora e lo spettacolo, complici il tramonto e il vino rosso in fiasco, raggiunge il suo climax in piazza del Poggiolino, ribattezzata per l’occasione via della (dalla) Toscana. Cominciamo a capire…

Ciò di cui si dibatte, sul cocuzzolo di uno dei borghi più belli d’Italia, è se sia venuto il momento di darci un taglio con la Toscana sanguisuga e matrigna per proclamare una sorta di stato libero di Anghiari, un ritorno all’epoca dei Comuni, prima del Granducato, del renzismo (che qui non ha portato granché bene, visti gli ultimi risultati elettorali) e delle odiate pastoie burocratiche e fiscali dell’evo moderno e comunitario: per fare da soli, in autogestione, forse meglio, certamente con più soddisfazione..

La Brexit è dietro l’angolo, ma qui ha l’aspetto più bonario di un passaggio a livello con l’insegna “comune detoscanizzato”.

Per sancire la scissione ci vuole un referendum e i commensali, già bell’e sazi, sono invitati a esprimersi con il voto. Il risultato è un quasi pareggio, con le ragioni del Sì e quelle del No che si bilanciano.

Passa per un soffio il Sì (via dal giglio di Firenze) ma le perplessità restano tutte in campo.

Di fianco a me (lo scoprirò solo a fine cena) ci sono (foto in alto)  l’ex sindaco di Anghiari (centrosinistra) e il neoeletto (davvero non se l’aspettava, è passato per quattro o cinque voti) sindaco del centrodestra. Loro, cos’avranno votato?

(Non si sa, ma forse sarà scoppiata la “Pace” dopo la campagna elettorale, e dopo una presumibile spiegazione del Polcri per i suoi attacchi a quella che fu l’amministrazione La Ferla – Ndr.-)

-tratto da un articolo su Turismo & Spettacolo-

Pubblicato da Redazione