Differenza tra il portavoce ed il del giornalista

Il portavoce, chi è costui?

Il momento è giusto per domandarselo, ora che tutto potrebbe cambiare a Palazzo Chigi.

La signora Paola Ansuini (foto)dunque parlerà per Draghi, non per il Governo, e vi si trasferisce dalla Banca d’Italia dove a lungo ha collaborato con Mario Draghi, quando era Governatore.

Sa cosa fare la nuova portavoce, e forse anche come.

Pensiamo che sarà “profilo alto”, anche se  il rapporto con i mass media è sempre cosa delicata.

Il nuovo Presidente del Consiglio è sempre apparso silenzioso, poco incline alle chiacchiere e alle dichiarazioni ed  alle parole ha sempre  preferito i fatti.

Per di più Draghi non usa i social, non ha un partito di riferimento e si deve preoccupare di tenere unita la compagine, per cui meno parla e meno rischia di scontentare qualche componente della sua colossale maggioranza.

Ma i cronisti politici lavoreranno meglio o peggio? Avranno più o meno notizie?

Va ricordato che il portavoce cura i rapporti proprio con gli organi di informazione. Non lavora per il pubblico, ma per   i giornalisti.

Un tempo i capi di Governo non ci pensavano proprio a farsi un portavoce ed avevano un uomo di fiducia  che dava notizie o le negava, faceva da tramite, proponeva interviste o le rifiutava.

Poi, venti anni fa, una legge ha istituito questa figura, che lavora accano al capo dell’amministrazione che:

– “non deve essere confusa con l’ufficio stampa”, che rappresenta invece l’istituzione (come al Quirinale, alla Camera, al Senato) e con la propria attività deve raccontare direttamente al pubblico cosa fa quel preciso ente pubblico.

Rcco cosa enuncia  l’articolo 7 della legge n.150 del 2000:

-“L’organo di vertice dell’amministrazione pubblica può essere coadiuvato da un portavoce, anche esterno all’amministrazione, con compiti di diretta collaborazione ai fini dei rapporti di carattere politico-istituzionale con gli organi di informazione”.

Ci sono tecniche diverse per un simile lavoro ed in tutti i casi si è trattato di modalità molto diverse rispetto ai portavoce che operano alla Casa Bianca, a Downing Street, a Bruxelles o in altre capitali.

Lì, la figura è più british, fa anche “lavoro sporco”, ma spesso è megafono vero e proprio, realmente parla al microfono al posto del Presidente, in sua vece, (o se preferite gli presta la voce).

Mentre da noi sta sempre dietro le quinte, organizza il lavoro, dà notizie, intere e o a metà, a bassa voce, più che annunciare posizioni ufficiali, spiffera, concede o nega parole o talvolta pensieri, per aiutare il cronista e indirizzarlo, sia detto senza offesa, sulla retta via. Cioè dandogli solo le informazioni che interessano al Presidente, alle quali il giornalista sa naturalmente fare la tara, se non vuole diventare lui il microfono del Capo del Governo, cosa che un professionista bravo cerca ovviamente di evitare.

Qui si incontra un problema etico non di poco conto.

Se è chiamato un giornalista a fare da portavoce, la sua etica gli impone di sospendere altri impegni, visto che la legge istituiva dell’Ordine avverte che il professionista (non il pubblicista) deve avere un rapporto esclusivo con la propria azienda.

Qui sopperisce la stessa legge n.150 secondo la quale il portavoce:  “non può, per tutta la durata del relativo incarico, esercitare attività nei settori radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche”.

Una toppa messa male. Giacché è di tutta evidenza che l’esclusiva sottintende che il professionista lavora “esclusivamente” per il pubblico, al quale promette di dire la verità, mentre come portavoce opera per far sapere ciò che il suo Capo gli chiede. Il contrario dell’etica del buon giornalista. Un professionista, a stretto rigore, non dovrebbe neppure essere più accettato nell’Albo, o scendere nell’elenco dei pubblicisti, che non hanno l’obbligo dell’esclusiva.

Paola Ansuini comunque non avrà questo problema, giacché non risulta iscritta all’Ordine dei giornalisti.

Tuttavia è probabile che si muoverà in modo diverso dai suoi predecessori. Difficile che decida di mettere un tavolino a piazza Colonna affinché Draghi possa annunciare davanti a mucchio di microfoni “io ci sono, io ci sarò”.

Staremo a vedere, che portavoce sarà lo deciderà lei, ovviamente con il suo presidente. Chissà. Draghi deve pensare al Covid e ai 209 milioni del Recovery Fund.

Ha tante gatte da pelare, ma con i giornalisti – che faranno il mestiere bussando ogni momento alla sua porta – magari riuscirà a innovare, portando trasparenza e dando un colpo a quel teatrino della politica che ai lettori, oltretutto, piace sempre meno.

-Notizie ANSA-Roma-

Pubblicato da Redazione