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I sondaggi sono cattivi consiglieri
“Maledetti sondaggi”, potremmo affermare.
I francesi non andarono a votare alle elezioni regionali – due su tre rimasero a casa – convinti dalle indagini demoscopiche che avrebbe stravinto Marine Le Pen e il suo Rassemblement national (nuovo nome del vecchio Front national), ma si svegliarono il giorno dopo con i redivivi gollisti di Xavier Bertrand ad aver messo le premesse perché al secondo turno fossero loro i vincitori (ammesso che con il 66% di astensioni qualcuno possa davvero dirsi vittorioso).
Stiamo parlando di sondaggi fatti alla vigilia del voto.
Figuriamoci quanto possano essere rappresentativi della volontà, spesso mutevole, degli elettori i sondaggi che, come nel caso italiano, anticipano di mesi e anni le urne.
Eppure, tutti gli attori del nostro scombiccherato sistema politico sono dipendenti dalle rilevazioni sulle intenzioni di voto come i tossici lo sono dalla droga.
E da quelle (presunte) indicazioni fanno discendere ogni loro comportamento politico, dalle scelte strategiche alla piccola tattica quotidiana.
E’ con questo ingannevole equivoco che è nata l’idea di federare prima vari partiti o movimenti per poi fonderli , nella (infondata) convinzione di poter frenare lo “strapotere” avversario, come se la competizione politica fosse un campionato di calcio con uno che vince lo scudetto e gli altri che si devono accontentare di ruoli minori.
-Redazione-
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