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L’angolo di “Tolomeo il bastardo opinionista” / Importanti riflessioni
A proposito della recente lettera aperta di Marco Malatesta e di qualche recente piccola polemica a riguardo mi corre l’obbligo di precisare che:
Bisognerebbe documentarsi prima di aprire bocca infatti:
1) l’edificio di Michelucci è l’unico in Monterchi che è stato adeguato al rischio sismico
2) la sala ex anagrafe ha le stesse precise dimensioni della cappellina di Momentana dove l’affresco è stato per decenni.
3) parlare di architettura fascista riferito ad un opera di Michelucci mi pare riduttivo. Nessuno nega che l’opera sia stata realizzata in pieno periodo fascista, ma credo che occorra anche superare una mentalità gretta e meschina.Il movimento razionale italiano di cui Michelucci fu esponente di punta è l’unico movimento che nel Novecento ha avuto unanimi consensi di critica a livello europeo e quella di Michelucci oltre che una signora architettura è celebrata (non da uno storico locale), ma da tutti gli storici dell’architettura in tutti i libri di storia in tutte le lingue in tutto il mondo.
4) quel che è certo è che niente è per sempre così come è certo che Monterchi oltre che ad essere sulla faglia interessata dai recenti sismi non ha altri luoghi per ospitare (in sicurezza l’opera).
Non va bene la collocazione attuale -cade a pezzi-; non va bene il monastero (anche se dovessero partire subito i lavori di restauro e consolidamento non sarebbero certo ultimati prima di cinque o sei anni (chi li finanzia?); bellissima l’idea di Momentana, ma non è colpa dei Monterchiesi che oggi devono affrontare il problema della collocazione se amministratori poco avveduti hanno costruito in un luogo inno alla vita uno spazio cimiteriale e o in un luogo di preghiera e devozione (cristiana o precristiana che sia -dove le puerpere si vanno a raccomandare alla divinità) uno spazio ludico e anche un po’ becero (stadio di calcio!).
Credo che bisognerebbe fare i buoni padri di famiglia e fare di necessità virtù.
5) concordo sul fatto che Palazzo Massi potrebbe benissimo ospitare l’affresco (certamente più importante delle bilance -che sono comunque raccolta più unica che rara-), ma si cadrebbe, in questo preciso momento, dalla padella alla brace che il palazzo non risulta adeguato al rischio sismico…
Le bilance da eventuali macerie si possono recuperare… Un po’ più difficile recuperare la Madonna se l’intonaco su cui è dipinta dovesse malauguratamente divenire maceria.
La Madonna è di Monterchi e dei Monterchiesi (così ha recentemente sentenziato un giudice e la legge va rispettata –anche dal Vescovo e dal soprintendente-), ma i Monterchiesi (specie quelli polemici e pretestuosi) non si dimentichino neppure per un attimo il loro dovere di ben conservare (in totale sicurezza) l’ affresco di cui sono proprietari e, soprattutto, custodi per conto dell’ intera umanità!
Oggi il rischio è troppo elevato per perdersi in discussioni di campanile e o per disquisire di aria fritta…
C’è, per prima cosa, da mettere l’opera in sicurezza (almeno per quanto è concesso agli uomini)… Poi che sia pure predisposta una collocazione ritenuta ancora più idonea che nulla è per sempre, ma oggi la sicurezza dell’opera chiede a gran voce fatti e poche chiacchiere!
-Tolomeo “il bastardo opinionista-
Pubblicato da Redazione
Averne di edifici disegnati da Michelucci…
Purtroppo l’architettura moderna e, in genere, l’arte di un certo periodo non sembrano oggi essere adeguatamente apprezzate…
Quasi nessuno ne sa nulla, in provincia le memorie legate a Michelucci, come anche a Galileo Chini, sono misconosciute, a Sansepolcro si è persa ogni traccia del lavoro di un importante architetto come Claudio Longo ( http://www.architettiroma.it/monitor/d/profilo.asp?id=00007 ).
Eppure un ideale ponte tra Michelucci e Piero della Francesca, fondato anche sul rapporto architetto-città e derivabile dallo stesso Brunelleschi, non sarebbe un’idea da disprezzare.
Attualmente l’affresco di Piero è conservato in una fattispecie di vespasiano e goduto da pochissimi visitatori.
L’opera non appartiene a Monterchi ma all’Umanità.
Perchè non concentrare le opere di Piero in un contesto museale dove si passa godere della contemplazione di più capolavori in una struttura magari a prova di bomba.
Lasciare un simile capolavoro in quella struttura è a mio parere una cavolata.
Parere personale
Non vorrei esordire dicendo che l’argomento della sicurezza appare in parte pretestuoso, o che lo stile della lettera lascia a desiderare, poiché traspare anche la volontà di ingraziarsi il Sindaco del paese. Sono però costretto a farlo, poiché all’origine di questa lettera ci sono due protagonisti, l’estensore stesso e il dott. Roberto Manescalchi, co-autore di un libretto sul palazzetto comunale di Monterchi, attribuito a Michelucci. Il palazzetto risale agli anni del fascismo; la loggia fa parte della struttura e lo connota come un palazzo del Podestà. Manescalchi pretende, invece, che Michelucci avrebbe avuto in mente nel progettarlo la cappella di Momentana sia nell’orientamento del palazzo che nella volumetria. La storia, però, ci dice che Michelucci ha progettato altri edifici per il fascismo, ad esempio una casa del Balilla, quindi se davvero il progetto fosse suo, forse aveva altre preoccupazioni, diverse dalla storia dell’arte. Dobbiamo quindi capire su cosa basa le sue ipotesi il dott. Manescalchi. Ma dimentichiamo per un momento lo stile, oggi definito razionalista (lo stile monumentale e razionale di Piero era una cosa diversa), ma all’epoca funzionale al potere fascista. Supponiamo dunque che, scavalcando i pregiudizi, la Madonna del parto possa essere ospitata in un edificio che non ci ricorda più il fascismo, ma solo il suo architetto. Evidenziamo allora che la lettera sembra ignorare tutto ciò che è stato detto contro l’attuale collocazione negli ultimi vent’anni. Non credo sia necessario rimarcare quanto ci sia di grottesco nel voler trasformare con la bacchetta del mago un palazzetto comunale in un battistero. E siccome il dott. Manescalchi prevede di collocare la Madonna nella sala dell’anagrafe, in un colpo solo iscriviamo all’anagrafe e battezziamo il bambino ancora nel grembo, il futuro messia. Nella lettera si dice, di nuovo, “siamo in grado di fare da soli”, dimenticando che il “fare da soli” – con la “laicizzazione” della Madonna del parto – ci ha portato allo stallo e al disastro attuale. Per un’opera d’arte come la “Madonna del parto” il contesto è fondamentale. Esiliata per venticinque anni in una vecchia scuola, nell’alto del paese, non ha impedito che a due passi il monastero cadesse in rovina. Le iniziative culturali sono da allora pressoché assenti, non si fa un Convegno dagli anni 90. La biblioteca è chiusa da almeno quindici anni. La vicenda della “testa del David” è sintomatica della confusione che regna. Senza parlare di tutte le altre criticità del paese. Diciamo chiaramente allora che è la Madonna del parto a portare turisti a Monterchi, non le bilance, non altro. Con delle politiche accorte il paese nella sua globalità ne può avere un beneficio. Se, invece, ci si limita a parlare di una sede più o meno consona (non avendo le competenze per farlo) si sbaglia tutto, com’è accaduto finora. Ci sono opere in luoghi isolati capaci di dialogare con l’arte contemporanea; su questo paese, invece, piovono critiche da più di vent’anni, per aver sequestrato la “Madonna del parto”. Impensabile farlo ancora. Far notare che c’è un contesto dal quale l’attenzione alla Madonna non può prescindere è fondamentale. Questo anche soltanto parlando di uno spostamento. Il 1993 dovrebbe averci insegnato qualcosa. Quello spostamento è stato definito dalla critica italiana e d’oltralpe, vale la pena usare il termine scelto da Hubert Damisch, “malencontreux”, perché ha una bella estensione semantica: “fuori luogo, fuori posto, inopportuno, malaugurato, infausto, disgraziato”. Dire, correlativamente, che gli abitanti del luogo, e tutti gli altri, devono poter aver accesso alle risorse bibliografiche, ai documenti, per il tramite di una biblioteca, è altrettanto importante. I cittadini, monterchiesi e non, non hanno accesso a nulla, né alla documentazione, né al patrimonio librario del Comune. Con l’opera si deve poter interagire, comprenderla, anche all’interno della storia del proprio paese. “Leggere” l’opera, anche attraverso i suoi interpreti, attivamente. Che sia attraverso l’attenzione al dettaglio di un Ginzburg, al significato di un Calvesi, o attraverso tre righe di prosa fulminanti di un Longhi. Evitando con il musealizzare di mummificare l’opera. Perché le opere devono parlarci; se l’opera non ci parla più è morta. “Far parlare le immagini” era l’auspicio di Warburg.
Alfredo Riponi
PS: In rete si è sviluppato un interessante scambio di opinioni, vorrei che si leggessero qui di seguito alcune preziose riflessioni di Lorenzo Minozzi, che ha contestato al Dott. Manescalchi la scelta del palazzetto comunale come sede dell’affresco. Tesi ben argomentate, riassunte in questa frase: «la Madonna nel Palazzo Comunale sarebbe l’ennesimo errore in una vicenda lunga e complessa che forse andrebbe risolta»:
«Non voglio entrare nel merito dell’estetica del palazzo comunale, ma mi è difficile immaginare la Madonna del parto lì dentro semplicemente dal punto di vista strutturale. Il palazzo presenta un’interessante scalinata interna e una terrazza che ne qualifica la facciata. Elementi intoccabili, a meno che non si voglia stravolgere il progetto del Michelucci. Questi elementi sono determinanti per le volumetrie a disposizione di un eventuale cambio d’uso del palazzo, insieme ai muri portanti. In sostanza il palazzo è piccolo e mal disposto per un uso museale, che richiede grandi ambienti e spazi in quantità. Ogni volta che parliamo di centro storico, a mia memoria, ci dimentichiamo sempre di un aspetto fondamentale: l’urbanistica. Il sistema urbano oltre l’arco del granaio non è il sedimento di secoli di interventi migliorativi, ma il risultato di azioni di emergenza seguite al terremoto del 1917. La rete viaria è la conseguenza di sgombri e abbattimenti che non avevano altro scopo che la liberazione dalle macerie. Infatti il nostro centro storico è difficilmente raggiungibile in macchina, salvo pericolose manovre lungo le mura. Le cose non migliorano a piedi, poiché mancano marciapiedi e zone pedonali. Ne, credo, si possano creare senza difficoltà. Inoltre, tranne qualche meritevole scorcio, il centro storico presenta testimonianze del passato affiancate a discutibili strutture moderne. Prima di farne un luogo turistico bisognerebbe riconsegnarlo ai cittadini. Affidandosi a qualche urbanista preparato… Togliendo quanto di brutto c’è, come i tubi di plastica sulle mura o il rudere osceno in via del teatro. Dobbiamo cominciare da qualche parte, e qui entra in scena il palazzo del Michelucci. Perché non farne sede della biblioteca da tempo chiusa? … Non sono favorevole al collocamento dell’opera nel palazzo comunale per parecchi motivi. Si dice che l’ufficio anagrafe ha le dimensioni della cappella. Ma l’altezza di un ambiente è fondamentale per relazionarsi con un’opera d’arte in esso contenuta. Serve spazio, lì dentro non ce n’è. Inoltre quel palazzo è nato per uno scopo – ospitare uffici – e difficilmente una struttura piccola può assolvere ad altre funzioni. L’esempio è l’attuale museo: nato come scuola, quell’edificio non è in grado di ospitare flussi importanti di persone nonostante l’ampiezza degli ambienti. Nei corridoi si crea l’effetto imbuto, con i disservizi al turista che ne conseguono. Sono d’accordo che è tempo di fare qualcosa di serio, ma sono anche convinto che il collocamento nel palazzo comunale non lo sia…» (Lorenzo Minozzi)
Scusate, ma il palazzo comunale di Monterchi E’ di Michelucci o è ATTRIBUITO a Michelucci?
Non mi pare cosa da poco.
Poiché la costruzione è relativamente recente, non dovrebbe essere difficile dare una risposta precisa.
Grazie.