Italia: “non piangere per lui”

bTutto è finito ormai ma, per Silvio,  lo spettacolo farsesco deve andare avanti poichè là fuori c’è un pubblico di elettori. Sono milioni. E la loro sincera ammirazione vale più di una sentenza della Cassazione
Allora, Silvio Berlusconi, ha fatto mandare in onda una registrazione, come un colpo di scena tardivo, come una irruzione sul palco del protagonista che non ha più voce sul copione.

Un ‘patetico’ non accettabile monologo.

“Questo ho fatto, questo so fare”: si, parlare a tu per tu con gli italiani, come un commesso viaggiatore dall’eloquio elegante, accattivante per le nonne, come il tormentone ventennale. In poche parole: il suo classico di repertorio.
È il solo modo che gli restava per aggrapparsi a un presente che non lo contempla più.

Da oltre un mese, Berlusconi, sicuramente  riguardava il film della sua vita. Combattuto tra patetismo e scaramanzia, con una sola idea fissa: ripetere i gesti che un tempo portarono fortuna e per lenire le pene del condannato.
Mentre l’Italia affronta il proprio destino di crisi, i complici di lusso del Cav, come il geniale Ferrara che consigliano: o epica, o morte. Perché questo è il film dell’addio.

Nel 1994 la comunicazione era a reti unificate ed anche allora disse: “l’Italia è il paese che amo. Come uno straniero in patria”.
In quel tempo, Silvio, per fuggire dai guai, scese in campo. Con accurate indagini di mercato fondò Forza Italia. Il resto è storia.

Noi pensavamo di averlo salutato – senza traumi – con le sue dimissioni nel 2011.
Quella era la sua uscita di scena. Il suo primo, e unico, momento da statista.

Non ci sono due occasioni di buonuscita. Per nessuno.

Stavolta il dramma non prevede il terzo atto. Nemmeno in videomessaggio.

Cala il sipario, si spengono le luci.

Caro Cavaliere: è il vicolo cieco del tramonto.

-Redazione-