“Madonna del parto” di Piero della Francesca (seconda parte)

Articolo di Roberto Manescalchi – critico d’arte

Sono stato poco anche al touch screen che ho trovato, quasi subito, assolutamente idiota guardare al monitor un’opera d’arte che hai a qualche metro dai tuoi occhi.

Non concordo neanche un po’ con le accattivanti ricostruzioni di Cultura Nuova.

Credo che siano tra i più bravi computer-grafici che operino in Italia. Niente da dire sulle persone e sulla loro elevata qualità di tecnici sia ben chiaro.

La mia critica, a parte il particolare della base della tenda della Madonna – piccolo dettaglio della loro ricostruzione – che son certo non fosse così largo, è una questione meramente teorica ed è riferita alla pura e semplice speculazione.

Non è colpa loro se viviamo una realtà virtuale ogni giorno di più.

Non può essere che ti infili in testa un casco a Milano e ci scopi una a New York e loro di certo c’entrano poco! C’entrano poco, ma godere con un casco in testa a Milano intanto che lei è a New York fa degli informatici la categoria con il più alto tasso di imbecilli al mondo senza se e senza ma.

Tra l’altro c’è gente in giro che sostiene che funzioni e mi sovviene l’iperbole di Diderot (se è vero che è sua): “beati gli antichi che non avevano monumenti”.

Ho la realtà a portata degli occhi ed è impensabile che vada ad allargare un’immagine con le dita in uno schermo.

Faccio funzionare il cervello intanto che guardo l’opera con le mani in tasca e l’opera mi si allarga in testa che altrimenti, se così non dovesse essere, perderei qualsivoglia capacita di collegamento e spirito critico.

Potrei campare con un neurone solo, purtroppo a molti già succede, che sbatte e impazzisce tra le pareti della scatola cranica! Vi dirò di più: non mi interessa neanche andare oltre il campo del visibile.

Devo comprendere quel che ha dipinto Piero e niente d’altro, devo interagire con la sua Madonna con il suo indaco e o con i colori della tavolozza di Piero e non con una scansione a 24.000 dpi. 24.000 sono i baci o i morsi che sogno di dare sul collo di una che alla donna dipinta somiglia!

Noi siamo laici nel profondo e non ci convertiremo facilmente come sembra sia recentemente capitato ad uno dei filosofi rossi per eccellenza chiamato a disquisire di Maria di fronte alla più antica delle Mater Matute…  la più pagana delle Dee.

Ma io sono laico ed anarcoide assolutamente fuori controllo. Quel che non vedo io ad occhio nudo non lo vedeva neanche Piero.

Fine di inutili trasmissioni.

Naturalmente non c’entra niente la lente magica che mi permette di prendere cognizione, comodamente seduto al tavolino, di un gigantesco telero di Veronese che sto studiando e che non è nella stanza accanto.

Lente magica a parte, non rinuncerò comunque a prendere il treno e recarmi a Brera per controllare di persona e per godere della magia che il contatto diretto unico può offrire.

Tutto quel che ha dipinto Piero sull’affresco, compreso i diademi sbiaditi sulla fronte degli angeli reggi tenda si vede benissimo anche ad occhio nudo e al massimo ci sarà da pulire gli occhiali.

Non è che sono vecchio e non ho dimestichezza con la tecnologia.

Andavo al CNUCE (Centro Nazionale Universitario Calcolo Elettronico) in via Santa Maria 26 a Pisa già 47 anni fa (prima che qualcuno nascesse) ad infilare le schede perforate dei miei programmi in uno dei primi elaboratori al mondo e da allora non ho mai smesso di cambiare di tanto in tanto calcolatore.

Oggi il mio Mac è certamente uno dei migliori e più evoluti prodotti sul mercato e vi assicuro che lo uso da Dio.

Non sono affatto giovane, ma le mie rotelle girano ancora abbastanza per far funzionare la mia testa.

Dubito fortemente, invece, che le rotelle dei giovani con lo smartphone in mano e la Ronda di notte alle spalle, nella sala di Rembrandt,  ci siano tutte e girino tutte per il verso giusto (auguriamoci che sia uno scherzo).

Se così non fosse… a scuola o in famiglia una occhiata veloce dentro la loro scatola cranica la darei (forse anche a genitori e docenti) che lo stato di degrado cerebrale, in assenza di scherzo, mi parrebbe evidente. Magari se proprio non volete aprirgli  la testa toglietegli il touch screen che l’imbarbarimento culturale che produce mi sembra lapalissiano e non c’è applicazione o esercizio tecnico che tenga per star piegati su un telefonino (foto 6) al cospetto di Rembrandt. Che poi, nel caso specifico, si privilegia uno studio rispetto a decine di possibili ricostruzioni e o spiegazioni di un’opera che lo storico delle ricostruzioni e o spiegazioni, quand’anche implementato è quasi sempre solo e soltanto appena accennato. La ricostruzione/spiegazione fantasmagorica, quella che induce a credere che la verità sia quella nel touch screen del momento è sempre e solo quella di chi ha creato e progettato il multimediale e induce nel ricordo di giovani e meno giovani il credo che quella e solo quella possa essere la giusta. Il mio, ripeto, è un discutere puramente teorico sulla reale possibilità che la strada intrapresa sia quella corretta. Andremo ora, tra pochi giorni, a proporre un nuovo tentativo di ricostruzione/spiegazione dell’opera e, quando sarà completato, il contenuto del touch screen non sarà più attuale che dovrebbe essere quantomeno aggiornato, ma non avverrà, la nostra ricostruzione non sarà considerata e così avverrà per altre a venire ed è facile comprendere il perché. Non c’è pregresso e non ci sarà futuro e le future menti si appiattiranno senza pensiero in una realtà virtuale precostituita da pochi ad uso e consumo universale. Mi sovviene di un disegno importante posto in un cassetto blindato di primaria istituzione dopo scansione di altissima qualità. Gli studiosi per anni davanti al monitor dove si poteva vedere di tutto e di più. Si allargava l’immagine con due dita e si contavano vergelle e filoni senza ausilio di lenti. Ogni minimo segno lasciato sul foglio dalla sanguigna e più in profondità la pasta della carta indagato in tutti i modi possibili e immaginabili. A chi ne aveva bisogno venivano rilasciati file digitali (fotografie elettroniche) impensabili alle lenti di Carl Zeiss (mi sto riferendo a quelle di vetro, non di plastica, che si fabbricavano a Jena). Con simili fotografie e due dita per allargarle Charles-Moïse Briquet non avrebbe perso la vista a forza di rilevare e classificare filigrane.

Poi una decina di anni dopo qualcuno pensò bene di dare un occhiata al disegno e dopo un po’ di ricerche per ritrovare la chiave del cassetto blindato – qualche addetto, nel frattempo, era andato in pensione e della chiave non c’era memoria -… sorpresa! Il foglio di carta attaccato da una muffa non c’era praticamente più. Il processo era compiuto! La realtà virtuale aveva di fatto sostituito, per necessità virtù, la materia. Una mia fantasia? Realtà del già accaduto? Impossibile? Pensatela come più vi aggrada che ancora c’è spazio, per fortuna, per un po’ di libero arbitrio. Saluto la Vergine in attesa che, tanto aspetta da più di cinquecento anni, non avrà bisogno proprio questa notte, ed esco! La macchina parcheggiata di fronte e con la coda dell’occhio uno sguardo alla vecchia scuola che ospita il capolavoro. Saremo si e no a quattro cinquecento metri da una importante faglia e qui la terra trema da sempre e in abbondanza. Io al posto della sala audiovisivi nuova avrei impiegato i soldi per qualche verifica statica. Avete mai visto un politico presentare una catena? Che vado a pensare? Stanno a litigare da decenni per la proprietà dell’affresco tra Soprintendenza, Vescovo e Comune stai a vedere che l’edificio non è in sicurezza? Stai a vedere che non hanno già fatto tutte le verifiche possibili e immaginabili. Stai a vedere che aspettano a me per svegliarsi e farle? Hanno appena restaurato – ormai da qualche mese – la vecchia Cappellina di Momentana dove l’affresco non c’è più. Vuoi che prima non abbiano messo in sicurezza l’edificio dove invece è conservato il capolavoro? Ti pare poi che facevano la nuova sala audiovisivi in un posto non sicuro?

L’affresco passi che casomai Piero tornerà a rifarlo, ma i due touch screen? Tranquilli l’edificio non cade e le mie sono elucubrazioni fantastiche di mente malata… speriamo! Per la via di casa penso che per la mia ricostruzione mi serve comunque una buona foto piano lastre parallele… anche no che l’assessore alla cultura Silvia Mencaroni, per avere la foto, mi ha detto di scrivere all’ufficio protocollo del piccolo comune! Invece di usare una fotografia, pazienza, userò la testa. Si avete capito bene… proprio quello strano e desueto strumento che molti hanno già dimenticato a favore del touch screen.

La Madonna del Parto di Piero della Francesca è affresco mutilo sui quattro lati (Foto 7) e per questa precipua caratteristica un qualsiasi tentativo di ricostruzione sembra apparentemente destinato al fallimento. In altro a sinistra del frammento di affresco mutilo si nota, tuttavia, una piccola scansione di  un elemento di imposta relativo al catino/cuspide di volta della tenda. Basta lasciarsi guidare dalla progressione degli elementi incrementati naturalmente fino alla linea si mezzeria della tenda per poi ribaltarla di 180° per ottenere l’imposta completa del catino/cuspide di volta.

A questo punto avevo da porre in essere il tetto vero e proprio della tenda e le possibilità erano due:

1) un improbabile cupola del tipo di quella aggiunta, non si sa bene quando, al mutilo affresco e rimossa, non so quanto giustamente, da Guido Botticelli in occasione dell’ultimo restauro.

2) considerare la Vergine pregnante in luogo del palo della tenda del sogno di Costantino in San Francesco ad Arezzo e prendere per buona la parte terminale di tale tenda.

Al posto del restauratore avremmo considerato parte della fortuna storica del dipinto l’improbabile catino rimosso che avremmo lasciato in loco (Foto 8).

Andando in cerca dell’idea di Piero il problema proprio non si pone: tenda di Costantino (Foto 9). Ultimata idealmente la parte superiore della tenda pensavo di dovermi necessariamente fermare, ma subito sotto la parte terminale appena ricostruita abbiamo rilevato due campiture di colore rossa a sx di chi guarda e verde a dx sopra la traccia di quel che resta di decoro di trabeazione.

Sotto il trave le campiture sono invertite verde a sx e rosso a dx  ed ecco che altri piccoli indizi ci supportano nel nostro tentativo di ricostruzione (Foto 10).

Dove saranno terminati i due monconi di trave a sinistra e destra della tenda meglio evidenziati nel disegno?

Avevamo una piantina dell’antica cappella di Momentana con le misure (Foto 11) e potevamo provare a mandare la trabeazione a fine corsa (tutta parete) e farla inevitabilmente girare.

Dell’estensione a tutta parete non eravamo sicuri come del fatto (questo accade regolarmente in Piero) che le cornici che delimitano le campiture dovessero necessariamente girare.

Ma le proporzioni ed il fatto che difficilmente Piero avrebbe lasciato un insulso spazio bianco a sinistra e destra della sua scena ci hanno convinto della bontà dell’operazione.

Per non far galleggiare i piedi di Vergine ed angeli ci siamo permessi di prendere a prestito il basamento della Resurrezione (Foto 12), il nostro disegno è fortemente approssimato. che tanto di basamenti sicuramente Piero ne aveva dipinto uno anche per la Madonna del Parto.

Abbiamo infine completato il tutto con due figure inginocchiate che così non battono la testa sul trave e stanno in giusto rapporto dimensionale e gerarchico con angeli e vergine.

Per non dire che le figure aggiunte accentuano e ribadiscono lo schema triangolare/piramidale evocato dalla tenda (Foto13).

Le due figure laterali naturalmente non sono di nostra invenzione, ma testimoniate da due visite pastorali noi le abbiamo semplicemente disegnate nel contesto di una composizione pierfrancescana.

Composizione per la ricostruzione della quale, per fortuna, nel mutilo frammento sono sopravvissuti particolari che ci hanno fornito indicazioni preziose ed ineludibili.

La prima visita pastorale che cita le due figure da noi aggiunte è quella del vescovo Filippo Salviati del 1623 e la seconda è quella del vescovo Dioniso Bussotti del 1639.(Fine)

 

-Roberto Manescalchi-

Pubblicato da Redazione