Lecchini, adulatori, lustrascarpe o semplicemente “poveri infelici”

Un minuto di silenzio anche per gli ‘esseri inutili’.

soriano-lecchini«L’adulazione non viene mai dalle anime grandi, è appannaggio degli spiriti piccini, che riescono a rimpicciolirsi ancor più per meglio entrare nella sfera vitale delle persone intorno a cui gravitano».(Honoré de Balzac)

Il fenomeno dell’adulazione, per usare un termine “politically correct“, sebbene oggi sia considerato obsoleto servirsi della suddetta parola per riferirsi a quell’atteggiamento infimo e servile volto ad ottenere approvazioni o favori da parte di chi si trova nella scala gerarchica lavorativa o politica su un gradino superiore al proprio, è in costante aumento, soprattutto in Italia.
Sicuramente tutti coloro che lavorano avranno avuto modo di assistere a scene tragicomiche di colleghi che del lecchinaggio ne hanno fatto un ‘modus operandi’, pur di non avere alcun problema con i cosiddetti capi o semplicemente per assicurarsi l’inserimento in gruppi lavorativi più influenti.

In Italia, così come in altri paesi in cui la mentalità feudale è difficile da estirpare, purtroppo i lecchini hanno spesso il sopravvento sul merito e quindi domandarsi per quale ragione il nostro paese cresca molto poco risuona in modo stridulo alle orecchie di chi vorrebbe che la meritocrazia trionfasse.

I lecchini sono sempre esistiti ovunque sia sorta una gerarchia fondata sul timore e non sul merito. Bisogna farsene una ragione.

Sono persone molto mediocri “dotate” di una furbizia intuitiva che riuscirebbe a sconfiggere anche un premio Nobel.

Abituati a farsi avanti nella vita cercando di far notare la loro presenza interrompendo e sminuendo di fronte agli altri il malcapitato avversario per vendicarsi di quella “natura matrigna” (di certo non intensa nel senso del nostro amato Leopardi), rilevano una prontezza di riflessi dovuta probabilmente ad anni di frustrazioni e di studi dell’arte del leccare e di fregare il prossimo.

Sei bianco o nero? Lo ami o lo odii? Se ami l’Inter odii il Milan.

Se dici che Salvini dice una cosa giusta, sei un fascista. Ma se dici che su un’altra cosa, la pensi come la Fiom, sei comunista.
In Italia, sopratutto nelle piccole cittadine,  funziona così: ‘aut mecum aut contra me’, o sei con me o sei contro di me.

Non esiste il pensiero libero, già, perché “libero” suona “liberista”, quindi fascistizzante.

Se dici che «Bella Ciao» non ti piace come canzone, ti arriva addirittura la tessera a casa.

Idem se vieni sorpreso con il Manifesto in mano o con Libero, e solo perché vuoi leggere cosa dice chi non la pensa come te.

Non è così solo da adesso: quando in passato ci è capitato di dire a qualche fascista che le leggi razziali erano un orrore, ci  ribattevano  che anche Stalin ne ha fatti di orrori…

Se lo avessimo  detto a un comunista ci avrebbe dato del fascista tout court.

Per concludere: l’appartenenza fondamentalista è la cifra dell’ignoranza.

Ci sono  capitati   certi personaggi,  signori/e  dal presente intriso di ipocrisia, che pur di arruffianarsi con il ‘potente’  ci hanno dato “di peggio” per le  nostre  posizioni che sono la pura  verità  ma che  ci  accusano di essre polemici e distruttivi.

Siamo «libertari»: se dobbiamo discutere su fatti, necessità  che sono di utilità, ben vengano le proposte serie  da divulgare perchè in questo caso noi, a differenza degli adulatori.dei lustrascarpe e dei lecchini, non siamo  né bianco né rosso né nero, nè servo del potere, ossia: “ non siamo ruffiani”.

-Redazione-