Valtiberina toscana / Profughi e accoglienza: segnali positivi e contraddizioni

Mani libriLa cooperativa LaRUA chiarisce la situazione del loro impegno in Valtiberina, ma, ci sia concessa una piccola-grande osservazione della Redazione de il “Fendente” e dei cittadini-lettori liberi di pensiero:

 

 

“Al centro di ogni scelta e delle sue diverse forme vi è un’ansia di verità e un desiderio di fedeltà che dobbiamo conoscere e rispettare. Resteremo perciò pluralisti e accoglienti, senza rinunciare alla ricerca della stessa. Di una verità che non può essere relativizzata, ma solo confrontata, serenamente e seriamente, con le verità di informazione data da altri, ‘con dati e numeri’ che in questo comunicato, a nostro avviso: mancano  mentre  dovrebbero essere oggetto di democratica discussione”.

LaRUAEcco il comunicato del Presidente della RUA:
“L’accoglienza dei profughi in Valtiberina continua a produrre reazioni diverse. Vorremmo offrire alcune informazioni che forse potranno essere utili a comprendere meglio una situazione con la quale tutti, che lo vogliamo o no, dobbiamo rapportarci”.
Sara Moretti è la Presidente della Cooperativa La Rua che fa parte del raggruppamento temporaneo d’imprese che ha partecipato al bando per l’accoglienza dei profughi, un raggruppamento che vede al suo interno realtà cooperative e associative con una significativa esperienza in merito.
“Il primo elemento è tecnico. La Prefettura riceve la comunicazione del Ministero che stabilisce il numero dei cittadini stranieri assegnati ad ogni Regione e demanda alle Prefetture Capoluogo, nel nostro caso Firenze, il Piano di Riparto con le quote di migranti assegnate a ciascuna Prefettura.
Faccio questa precisazione per sottolineare che le decisioni su quanti profughi arrivano sui territori e quale sia la loro destinazione, non sono assunte a livello locale. Anche i tempi con i quali vengono assegnati sono oggettivamente molto brevi e comunque non sufficienti ad organizzare quella comunicazione preventiva e capillare che alcuni hanno giustamente chiesto”.
Siamo in un contesto di emergenza internazionale che determina quindi ovvie difficoltà.
“E in una situazione imperfetta”- prosegue -“ognuno è chiamato a fare la sua parte. Senza dimenticare un elemento fondamentale: parliamo di essere umani. La parola “profugo” è diventata neutra, priva di sostanza ma è in realtà fatta di carne e di sangue, di storie drammatiche. I cinque giovani nigeriani che oggi sono ospitati temporaneamente nell’agriturismo Ca’ Faggio di Anghiari hanno mediamente 25 anni, così come i ragazzi ospitati nell’appartamento che abbiamo affittato nel Comune di Monterchi. Da noi a questa età si studia o, quando possibile, si lavora. Le esperienze che loro raccontano sono ben altre, raccontano di povertà, di persecuzione, di case, chiese e negozi dati alle fiamme, di familiari persi. Alcuni di loro hanno lasciato in Nigeria mogli e figli. Raccontano dell’esperienza in Libia, il miraggio di una vita migliore che si trasforma invece per molti in una situazione di sfruttamento. Quando ragioniamo di profughi, proviamo quindi ad immaginare la loro vita e quali drammi li hanno costretti a salire su un barcone e fuggire.”
“Per scelta etica, per rispetto della Costituzione Italiana e delle leggi – continua Sara Moretti – siamo chiamati all’accoglienza. Le Amministrazioni possono e devono discutere con i Prefetti le quote di ripartizione, ma nella consapevolezza che i loro atteggiamenti e le loro dichiarazioni sono in grado di influenzare il giudizio delle popolazioni che rappresentano. Nella provincia di Arezzo si registrano atteggiamenti diversi da parte dei Sindaci ma sono convinta che, alla fine, le tradizioni democratiche e solidaristiche di questo territorio finiranno per prevalere. Come cooperativa abbiamo scelto il modello della micro-accoglienza diffusa proprio perché questa permette un lavoro diverso rispetto alla conoscenza, alla presa in carico delle singole persone, all’accompagnamento.”
Un secondo tema è quello dei cittadini che mettono a disposizione alloggi.
“In Valtiberina registriamo, come è naturale, atteggiamenti contraddittori. Da una parte una forte difficoltà a reperire alloggi e dall’altra disponibilità come quella di chi la sua casa l’ha affittata, o in particolare come quella di Leonardo Lotti che, con gli altri gestori di Ca’ Faggio, ha messo a disposizione in via transitoria l’ agriturismo. Non intendono destinarlo all’accoglienza dei profughi, ma hanno fatto la scelta di non abbandonare a loro stessi questi cinque ragazzi nigeriani. Non solo: li stanno anche aiutando, per quanto possibile. Ci sono inoltre persone che ci contattano per chiederci come avviene l’accoglienza, come stiamo lavorando e per chiedere se possono fare qualcosa. Sono segnali concreti e importanti: una parte di società non alza muri, ma offre la mano.”

– Comunicato della Cooperativa “La Rua”-

Pubblicato da Redazione