Che cosa significa fare politica ? Cerchiamo di farlo capire ai nostri politici anghiaresi
Il termine politica deriva dal greco pólis (città-Stato) per indicare l’insieme delle cose della “città”, gli affari pubblici (res publica) e, insieme, la conoscenza della cosa pubblica e l’arte del loro governo.
Quindi originariamente e in senso proprio la politica non indica l’esercizio di “un potere qualsiasi sugli uomini”, ma, già con Aristotele, “solo quel tipo di potere che” esercitandosi su uomini liberi e uguali si fonda sul loro consenso e ha per fine il bene non solo dei governanti, ma anche dei governati.
La politica è stata considerata (per esempio, da Aristotele e Tommaso d’Aquino) come una dimensione naturale dell’uomo, la sola che garantisce le condizioni entro cui può realizzarsi la pienezza della vita umana.
Secondo altri autori (per esempio, T. Hobbes), è invece una costruzione artificiale dell’uomo per garantire la sicurezza della sua vita.
Nella politica si possono distinguere:
1)-. un aspetto teorico, che studia criticamente le forme di governo, le regole con cui di fatto si esercita il potere, i rapporti e le strutture di autorità all’interno dello Stato, le ideologie e le dottrine politiche;
2)-. un aspetto pratico, che sulla base dell’analisi teorica punta al conseguimento del potere politico e al cambiamento dei fini e delle strutture di questo.
Ma, per molti, la politica attuale consiste:
– nell’accaparrarsi poltrone sedendosi comodi;
– per altri è “solo far carriera”;
– per alcuni è l’amore e l’ambizione sfrenata per il potere;
– per altri è l’arte di fare inciuci senza temere condanne;
– per altri ancora è il dolce far niente di chi invece dovrebbe andare a lavorare.
Dovrebbe invece esistere una faccia della politica diversa, di una politica legata al territorio, alle reti civiche, lontana dalle logiche di partito e dagli intrighi dei palazzi.
Fare politica significa anche:
-inzupparsi di pioggia e di insulti distribuendo volantini al mercato,
-significa uscire alla sera dopo una dura giornata di lavoro per discutere dei progetti da portare avanti,
-significa andare incontro a delusioni scontrandosi con il disinteresse e l’ostilità della gente,
-significa lottare senza mai demordere,
-significa avere a cuore il proprio territorio e la propria gente e operare scegliendo sempre il bene comune e mai gli interessi particolari o faziosi ai quali non si risponde, nè si prendono ordini da nessuna segreteria di partito ma semplicemente ascoltare le esigenze e dare risposte ai problemi dei propri concittadini, per amore del proprio territorio, senza cadere nella tentazione di demandare tutto ai giochi di partito spesso avulsi dal contesto sociale e dalle esigenze reali della popolazione.
Per concludere il presente articolo:
La Carta dei doveri del giornalista è un protocollo approvato l’8 luglio 1993 dal Consiglio dal momento che: la libertà d’informazione e di critica è un “diritto insopprimibile” e un “dovere inderogabile” del giornalista, così come la “Carta dei doveri” insegna.
Pertanto, questa Redazione, già pronta per analizzare i fatti, i misfatti ed i non-fatti, della politica nostrana, li enuncerà e li racconterà ma, non per un attacco diretto verso qualcuno, bensì per cercare, ancora, il modo di correggersi per tornare alla vera politica legata al territorio
-Redazione-
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