Gianfranco Giorni scultore: biografia dell’artista anghiarese

Gianfranco Giorni  è nato ad Anghiari, a Cafaggiolo un podere in mezzo alla piana bonificata dai Camaldolesi  nei  primi anni dell’ anno mille, poi teatro della battaglia resa famosa per le vicende legate all’ affresco perduto di Leonardo da Vinci.

Fino dall’ infanzia, Gianfranco,  mostra  particolare sensibilità per le forme ed i colori, giocando con l’argilla dei campi e i carboni spenti del grande focolare.

La vista delle mura e del castello antico, da quella particolare angolatura, suscitarono in lui, evidentemente,  una profonda suggestione che sarà presente in tutta la sua attività futura di scultore.Compie studi ad indirizzo artistico all’ istituto d’arte di Sansepolcro e in seguito, a causa di una grave malattia del padre, è costretto a interrompere gli studi.

Svolge  per alcuni anni l’attività di intagliatore in legno.

A seguito di concorso a cattedra, nei primi anni ottanta viene chiamato ad insegnare all’Istituto d’arte di Arezzo, quindi in quello di Anghiari e poi  a Sansepolcro.
Fin da giovanissimo, si è dedicato a una continua e attenta ricerca nei  vari campi del linguaggio artistico, dalla pittura alla grafica alla scultura, partecipa a numerose collettive e nel 1973 tiene la sua prima personale.

Da allora svolge una intensa attività di pittore e scultore che, purtroppo, a nostro avviso, sembra quasi  sconosciuta agli amministratori locali attuali che non si accorgono delle possibilità favorevoli che la “scultura di Giorni” potrebbe  avere per Anghiari.

 

 

La sua produzione artistica  appare in continuazione  su varie pubblicazioni e riviste specializzate, ad onta del “vergognoso silenzio” dell’ assessore alla cultura anghiarese.
Nel suo laboratorio “Acquaviola” il Giorni modella e fonde sculture  attorniato  dai famigliari, amici scultori ed ex  allievi.

Alcune delle sue opere più importanti si trovano in spazi pubblici, come:

 

la MINERVA in Piazza Risorgimento e nella sede centrale di Bancaetruria  ad Arezzo.

Il GIARDINO DELL’ ARMONIA,  porta in bronzo della sala espositiva della Soprintendenza statale della stessa  città.

L’IMPLORAZIONE, terracotta ingobbiata e oro, lunetta della porta eterna della cappella delle volte nella basilica di S. Domenico a Siena.

-IL PRIGIONERO  in bronzo, nel parco XXV aprile a Sansepolcro .

QUALI  COLOMBE, bronzo e oro, per il giardino della memoria, nell’ ex Campo di concentramento in località Renicci di Anghiari

SUONATRICE DI FLAUTO, bronzo, per il museo della Contrada del  Liocorno a Siena.
-PROFILO DI CITTA’, refrattario dorato, sala Ottorino Goretti ,per l’Unione dei Comuni a Sansepolcro

STELE COMMEMORATIVA, cemento e bronzo, per il 40° anniversario della liberazione nel Comune di Pieve Santo Stefano .
Giorni ha eseguito opere  per istituzioni pubbliche e aziende private e realizzato disegni e acquerelli per libri illustrati.

Ecco di seguito il commento della “prima esposizione ‘al Complesso del Vittoriano in Roma’”,avvenuta  dal 21 novembre al 9 dicembre 2007 a cura  di Alessandra Giannini e Saverio Verini:

“”Gianfranco Giorni. Sculture

Dove ora a Roma espone Gauguin, al piano di sotto, in un luogo che sembra ritagliato apposta, trova spazio uno scultore per la prima volta in città. Gianfranco Giorni. Non viene comunque da lontano, da alcuni chilometri a nord da qui, da una valle che è un po’ il bacino di tante esperienze artistiche italiane, che di cittadino ha niente e dove è ancora forte il senso di attaccamento alla terra; e questo si sente tutto nelle sue sculture.

Uccelli, bambini, figure sognanti e senso di armonia ci calano nella dimensione dell’artista fatta di paesaggi, luci, odori e immobile quiete.

E fa un certo effetto pensare di trovarsi nel centro di Roma.  La campagna in città sembra quasi un paradosso che solo l’arte può realizzare.  L’esposizione quindi sembra presentare opere che per soggetto e materiale impiegato seguono ( non so se volontariamente) questo indirizzo e che tuttavia risultano abbastanza varie.

Il bronzo a volte si sostituisce al legno, la terracotta alla pietra refrattaria, segno anche dell’eclettismo della’utore.

Ci si trova davanti a figure familiari e pacificanti come bambini presi nel gioco (Bimbo che esulta, 2001; Bambini che giocano, 2004) cani o uccelli posati sui rami (Colombo sul ramo, 2004; La madre, 2006) e figure di alto valore simbolico ed evocativo come La Temperanza, 2003 nella quale si aggiunge l’acqua, che quasi si sente, com elemento enfatizzante del senso di eterno e placido scorrere della natura.

Giorni pare ossessionato dalla ricerca di armonia già attraverso l’uso di linee e forme nette ma sempre morbide in un gioco di equilibridve gli opposti si annullano; e il ricorso alla musica.

Il flauto in mano ad una figura esile (Suonatrice di flauto) e una mandola appoggiata ad un tondo corpo concavo (Suonatrice di mandola, 1985) a creare una corrispondenza reciproca.

Sembra che tutto scorra silente e ovattato in Giorni, che sia un “sabato del villaggio” appunto dove l’attesa è più importante dell’evento, e che le opere si carichino di intimità tanto da farti venire il dubbio di essere inopportuno.

Sono opere di facile lettura, stilisticamente riconoscibili ed esteticamente godibili che dimostrano una attenta ricerca di lingaggio; e per questo altamente fruibili.

La mostra si snoda attraverso una ventina di opere (soprattutto sculture) e bene si adatta alle dimensione della sala che la ospita poiché niente viene sacrificato.

Trova posto anche un interessante video che mostra il lavoro dell’artista nel suo laboratorio dal quale si percepisce lo stretto legame con i suoi luoghi e quanto questi lo abbiano influenzato.

Una mostra piccola e veloce, quindi, ma non per questo misera.

Dove si respira aria buona. Un modo di esporre e di presentarsi che si addice ad un artista che non è certo alle prime armi ma che ha comunque poca dimestichezza (fortunatamente?) con i circuiti tradizionali e a volte autoreferenziali dell’ arte. (Fabrizio Manzari)””

– Redazionale-