Il caso: beffa dopo 11 anni per l’operaio / L’assicurazione paga la ditta condannata

Si taglia una gamba sul lavoro / Risarcita l’azienda, ma lui no

Arezzo – Sono passati 11 anni e quasi tre mesi dal giorno in cui Marian ha rischiato di perdere una gamba in un incidente sul lavoro.

I datori di lavoro sono stati definitivamente condannati, ma il loro ex operaio sta ancora aspettando un risarcimento.

Anzi.

Paradossalmente il «risarcimento» è arrivato agli ex datori di lavoro, due aretini di 69 e 62 anni: la compagnia con cui erano assicurati nel 2013 ha versato nelle casse della società il massimale riconosciuto per l’infortunio, 258 mila euro.

Nel 2016 la società è stata messa in liquidazione, così l’operaio, dopo tre processi e una causa civile in corso, sta ancora combattendo la sua battaglia.

L’incredibile storia inizia il 12 febbraio 2008 quando Marian Vijoi, all’epoca 32 enne, rumeno da anni in Italia, dipendente di una società di costruzioni, mentre pulisce gli argini sulla sponda del torrente a Pergine Valdarno si procura una grave ferita alla coscia con la motosega.

Quel giorno indossa una tuta fornita dal datore di lavoro.

Nel luglio 2013 arriva la condanna per i datori di lavoro: 500 euro di multa per lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni.

Il giudice arriva alle conclusioni che la tuta non era in grado di prevenire l’infortunio in quanto era adatta solo per lavori di giardinaggio.

Per la quantificazione del danno il caso viene rinviato al giudice civile.

Nel febbraio 2015 la Corte d’Appello rigetta il ricorso degli imputati e anche il tentativo da parte loro di riscrivere la storia.

-I giudici stabiliscono infatti che la ricostruzione dell’infortunio è veritiera e riscontrata anche dalla denuncia di infortunio all’Inail.

-La responsabilità, concludono i giudici, è della salopette (che viene analizzata in aula) «inidonea a proteggere l’intera gamba dato che arrivava solo all’altezza del ginocchio ed era priva di marchio Ce».

-I giudici vanno anche oltre e bacchettano il comportamento degli imputati che tentano di dimostrare che i danni derivanti dall’infortunio non sono così gravi: «Del tutto irrilevanti, oltre che francamente lesive per la dignità della parte lesa — scrivono — sono le produzioni in ordine alle attività ludiche, tratte da internet, che vorrebbero dimostrare la raggiunta capacità fisica». La condanna diventa definitiva nel 2016.

A questo punto l’operaio, assistito dall’avvocato Lorenza Calvanese (foto), avvia la causa civile.

Il consulente tecnico nominato dal giudice riconosce il danno biologico nella misura del 55%. L’Inail quantifica i postumi permanenti per l’operaio nella percentuale del 62% e ottiene un sequestro di beni agli ex datori di lavoro per 900 mila euro.

Il giudice civile, dopo aver avviato il processo, riascoltato alcuni testimoni e disposto una nuova consulenza, lascia Arezzo per un nuovo incarico al ministro di Giustizia.

Si ricomincia da un altro giudice e i tempi così si allungano ulteriormente.

-«Sono stato costretto a smettere di lavorareracconta Marian Vijoiper non rimanere chiuso in casa mi sono dedicato alla musica folkloristica».

Ma proprio questa nuova passione è diventato l’appiglio per gli ex datori di lavoro per contestare l’entità delle menomazioni.

«Mi hanno seguito e filmato di nascosto — racconta il rumeno — anche quando ero in ospedale. Vogliono dimostrare che sono un finto invalido ma ci sono decine di medici che attestano i problemi fisici e psichici derivati dall’incidente».

Non è depresso — contestano gli ex datori di lavoro — è un uomo di spettacolo, canta, balla e appare felice».

Non ho avuto un euro di risarcimento — ribatte Vijoi amareggiato — e in più sono costretto a sborsare denaro per i consulenti».

L’avvocatessa Calvanese ha presentato un esposto in Procura per sapere dove siano finiti i soldi erogati dall’assicurazione ma i legali della controparte sostengono che quella cifra è un indennizzo da pagare all’assicurato, non nei confronti dell’operaio infortunato.

La Procura ha presentato richiesta di archiviazione.

«Ma noi ci opporremo», assicura l’avvocato Calvanese.

di Antonella Mollica – fonte: Corrierte della Sera-