Anghiari e la “trasparenza in politica”

  1. Argomenti vari non riconducibili a specifici articoli del d.lgs. n. 33/2013

24.1 Sussiste l’obbligo per gli enti locali di pubblicare, all’interno della sezione “Amministrazione trasparente”, i verbali delle sedute dei Consigli comunali e provinciali?

In assenza di norme specifiche che prevedono l’obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale dei verbali dei Consigli ai fini della trasparenza, occorre rifarsi all’art. 38, c. 2, del d.lgs. n. 267/2000, secondo cui il funzionamento del Consiglio, nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto, è disciplinato da apposito regolamento. Rientra quindi nell’ambito dell’autonomia statutaria e regolamentare dei singoli enti locali la disciplina delle forme di pubblicità dei verbali delle sedute del Consiglio.

24.2 Nel caso in cui l’applicativo utilizzato dall’amministrazione per il caricamento dei dati sul sito istituzionale non funzioni, l’amministrazione è esonerata dall’adempimento degli obblighi di trasparenza?

No. La scelta dell’applicativo per il caricamento dei dati è rimessa all’autonomia di ciascuna amministrazione ed eventuali difficoltà nel caricamento derivanti dal gestore dell’applicativo non possono essere considerate come cause ostative all’adempimento degli obblighi di pubblicazione.

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Tutti i numeri della (scarsa) trasparenza della politica italiana

Nel 2014 solo un politico su quattro ha pubblicato le informazioni richieste dalla legge. Il dossier sulla trasparenza di OpenPolis

Quanta trasparenza c’è al governo e in Parlamento? Poca, se si pensa che nel 2014 solo un politico su quattro ha pubblicato i dati relativi alla sua dichiarazione dei redditi, al suo patrimonio e ai ruoli ricoperti all’interno di società pubbliche e private.

A censirlo è Open Polis nel suo minidossier “Patrimoni trasparenti. Redditi, proprietà e spese elettorali dei politici nazionali della XVII Legislatura”, appena pubblicato con licenza CC.BY.SA.3.0 IT.

Intanto, perché questi dati devono essere pubblici?

-Lo dicono le norme:

a-la prima legge sulla pubblicità della situazione patrimoniale dei titolari di cariche elettive risale addirittura al 1982.

b-Mentre è del 2013 il cosiddetto decreto Trasparenza, che ha previsto la pubblicazione online, diventata da facoltativa a obbligatoria con la legge sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti votata nel 2014.

Paradossale, però, rilevare come lo stesso Parlamento che quella norma ha approvato di fatto non la rispetti a pieno.

Tanto che la stessa OpenPolis, in una nota che accompagna la pubblicazione di Patrimoni trasparenti, afferma come “i dati oggi disponibili non rendono possibile” un’indagine che consenta di “ricostruire le connessioni di natura economica fra politici e soggetti terzi per rintracciare la presenza di conflitti di interesse di qualsiasi natura”.

Questo innanzitutto perché il 72,3% dei parlamentari e dei membri del governo ha pubblicato solo parzialmente le informazioni richieste.

Quello che è noto è che, nel 2013, il 31% dei politici nazionali possedeva azioni o quote di società. E che 138 di loro, in aggiunta al ruolo istituzionale, ne ricoprivano almeno un altro all’interno di un’azienda.

E sempre in tema di possibili conflitti di interesse, OpenPolis rilevò il 22 gennaio 2016  come:

“uno degli aspetti dove si registra la maggiore opacità riguarda contributi e spese elettorali”. Tanto che “la scarsità di dati e la loro eterogeneità rende quasi impossibile fare un’analisi complessiva”.

Il risultato è che Montecitorio, Palazzo Madama e Palazzo Chigi sono ben lontani dal poter essere definiti case di vetro, e purtroppo anche i Comuni nonostante certe “promesse-affermazioni” (foto Sindaco di Anghiari).

Pubblicato da Redazione-fonte: da Archivio FAQ – in materia di trasparenza