L’esplosione della caserma dei carabinieri ad Anghiari

Quando verso le ore 10.30, esplose la caserma dei carabinieri di Anghiari: morirono sotto le macerie 3 militi dell’Arma e 12 civili, tra cui 7 donne e una bambina.

Avevo 6 anni, a quell’ora di quel 18 agosto 1944 giocavo all’angolo di via del Teatro con via Mazzini, ho visto l’esplosione e mio padre, carabiniere, era in quella caserma.

Io ero un bambino, quando quella mattina mio padre, carabiniere reale, mi salutò con un buffetto sulla guancia.

Salutò mia madre, come ogni giorno, prima di andare a prestare servizio, quindi uscì per percorrere i trecento metri, quei metri che lo dividevano dalla “tragedia”.

Era da poco rientrato in Anghiari dalla Stazione Carabinieri di San Giustino Umbro, dove, unitamente al suo maresciallo, con grande coraggio s’era attivato per sottrarre numerosi cittadini ai rastrellamenti tedeschi e fascisti.

Quando i capi ordinavano loro di arrestare qualcuno, i due militari, pur consapevoli dei rischi cui andavano incontro, avvisavano le vittime.

Coloro che prestarono orecchio agli avvertimenti, si salvarono dalla deportazione.

Ricordo bene quando si strappava con i denti, dai baveri, le mostrine con le MM, perché lui voleva sempre e solo gli “alamari”.

Gli alamari mi richiamano alla memoria l’irruzione che qualcuno fece nella nostra abitazione di San Giustino Umbro per sincerarsi (a seguito di una spiata) se effettivamente le MM venivano ricucite da mia madre sul bavero della giacca.

Mio padre rimase calmo ed a quei signori fece vedere che sua moglie le stava ricucendo.

Appena uscirono, le MM saltarono nuovamente ed al loro posto apparvero gli splendenti “alamari”.

Ma ritorniamo a quel 18 agosto 1944.

Io ero sceso in strada per giocare in via del Teatro, nel punto in cui la strada fa angolo con via Mazzini. Da lì vedevo bene la caserma dei carabinieri.

Improvvisamente alle 10,30 circa un forte boato, la terra tremò, una nuvola di polvere fittissima si alzò verso il cielo: dove c’era la caserma ora appariva il vuoto ed un ammasso di macerie.

La via Nova era diventata una larga e profonda voragine.

Mia madre scese le scale di corsa, vide la tragica scena, si rese conto di quello che era successo e gridò un nome: Giovanni.

Dopo avermi affidato ad una vicina, la signora Stella Giorni, corse verso quella devastazione.

Tra le macerie c’era mio padre e con lui altri quattro colleghi: il maresciallo Adamo Capulzini ed il vicebrigadiere Saverio Faraone, entrambi da pochi giorni giunti ad Anghiari, ed i carabinieri Girolamo Fiorini e Natale Comanducci.

Mio padre fu estratto per primo e fu la sua salvezza, nonostante la gravità delle ferite.

Anche il Comanducci fu salvato, mentre gli altri tre morirono così come dodici civili anghiaresi.

Sono questi i momenti che non cancellerò più dai miei ricordi, ma che sarebbero dovuti rimanere, almeno come memoria storica tra la gente per rispetto di coloro che persero la vita.

Come già detto mio padre non morì in quella tragedia anche se portò per sempre addosso le ferite di quell’atrocità e nell’anima il ricordo dei colleghi e dei civili che non erano più.

Si salvò perché, per quanto il suo corpo fosse maciullato, era stato protetto dal corpo ormai senza vita di Pasquale Meoni, che giaceva accanto a lui.

Una tragedia che ho vissuto con gli occhi di bambino e sicuramente  con maggior dolore di altri.

Da allora, ad ogni anniversario, ho assistito alla Messa in suffragio a fianco del fratello di Pasquale. Stavamo vicini, così come erano i nostri cari sotto le macerie.

 Al posto [della caserma], non si scorgeva che qualche rudere fumante, ed un ammasso di macerie con una profonda voragine.

Un  orrendo spettacolo e su quella ragedia di Anghiari incombono ancora dubbi e sospetti inquietanti che ho descritto nel libretto da me scritto ed a titolo “18 agosto 1944 / Il sacrificio di sangue dei Carabnieri  civili ad Anghiari” poichè:

-da giorni era risaputo che i tedeschi avevano lasciato una bomba nella cisterna dell’edificio e forse il rischio fu gravemente sottovalutato,  nonostante il maresciallo avesse chiesto l’intervento degli atificieri, nessuno si presentò.

Le vittime militari

CapulsiniAdamo, di Pietro, nato e residente a Camucia, di anni 45, maresciallo dei carabinieri, coniugato con Irma Mencacci, deceduto per ferite traumatiche multiple da scoppio di mina.

FaraoneSaverio, di Domenico, nato a Picerno (PZ), di anni 35, brigadiere dei carabinieri, celibe, deceduto per ferite traumatiche multiple da schiacciamento.

FioriniGirolamo, di Maurizio Antonio, nato a Firenze, residente a Talla, di anni 37, appuntato dei carabinieri, coniugato con Elena Mondani, deceduto per ferite da scoppio di mina.

I feriti militari

Giovanni Dente, nato a Bonnanaro nel 1906, carabiniere coniugato con Bianca Magrini, gravissimo per ferite multiple e schiacciamento del torace.

 Natale Comanducci, ferite multiple.

Civili deceduti

Bartolomei Elena, di Tito, nata ad Anghiari il 22 febbraio 1894, residente ad Anghiari, insegnante, nubile, deceduta per lesioni multiple da schiacciamento.

Cocci Maria Giuseppa, di Angelo, nata e residente ad Anghiari, di anni 70, domestica, deceduta per lesioni multiple da schiacciamento.

Inci Marietta, di Domenico, nata il 25 febbraio 1885 ad Anghiari, dove risiedeva, domestica, nubile, deceduta per ferite multiple da schiacciamento.

Leucalitti Mafalda, di Alfiero, nata l’8 aprile 1935 ad Anghiari, dove risiedeva, studente e colona, deceduta per ferite multiple da schiacciamento.

Meoni Dante, di GioBatta, nato il 4 novembre 1905 ad Anghiari, dove risiedeva, operaio tessile, deceduto per lesioni multiple da schiacciamento.

Meoni Pasquale, di Domenico, nato il 2 gennaio 1912 ad Anghiari, dove risiedeva, manovale, coniugato con Enrica Panci, deceduto per lesioni multiple da schiacciamento.

Nencioni Palombini Arnaldo, figlio di Probo Palombini, nato il 3 giugno 1930 ad Anghiari, dove risiedeva, studente, deceduto per lesioni multiple da schiacciamento.

Nencioni Palombini Roberto, figlio di  Probo Palombini, nato l’11 maggio 1927 ad Anghiari, dove risiedeva, studente, deceduto per lesioni multiple da schiacciamento.

Palombini Probo, di Filippo, nato il 12 aprile 1886 ad Anghiari, dove risiedeva, tipografo, deceduto per lesioni multiple da schiacciamento.

Pieracci Teresa, di Michele, nata a Monterchi il 16 aprile 1886, residente ad Anghiari, domestica, coniugata con Felice Felici, deceduta per ferite multiple da schiacciamento.

Sanleonini Ida, di Cesare, nata a Bucine, residente ad Anghiari, di anni 76, casalinga, vedova di Tito Bartolomei, deceduta per lesioni multiple da schiacciamento.

Socali Teresa, di Erasmo, nata il 14 gennaio 1904 ad Anghiari, dove risiedeva, tessitrice, coniugata con Dante Meoni, deceduta per lesioni multiple da scoppio di mina.

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 A questo punto ci sembra giusto ricordare che:

 Pochi giorni dopo la tragedia, il 24 settembre, don Nilo Conti, proposto della chiesa di Santa Maria delle Grazie (Propositura), fece porre vicino al luogo dell’esplosione un cippo di travertino con la scritta PAX – AGOSTO 1944 , dopo aver celebrato un solenne ufficio funebre in suffragio di questi defunti vittime della guerra.

Il giorno 8 ottobre, poi, venne da Arezzo lo stesso nostro Mgr. Vescovo S.E. Emanuele Mignone che celebrò una solenne ufficiatura funebre in suffragio di quelle Vittime e rivolse al popolo parole di conforto. Le esequie furono eseguite con musica del maestro sacerdote Francesco Coradini.

“Dopo la messa (così si legge nelle note dell’archivio parrocchiale), a cui hanno partecipato tutte le autorità del paese e lo stesso rappresentante il Governo Militare Alleato, mentre il campano comunale suonava mesti rintocchi, un corteo imponente, con raccoglimento, passando per via di Circonvallazione, piazza del Comune, via Garibaldi, piazza Baldaccio, via Roma e via Mazzini, giungeva sul luogo del disastro”.

Allora  suonarono le campane delle chiese del paese: Propositura, S.Agostino, Badia, S.Croce, invitandoa mestizia devota.

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Da quel giorno, ogni 18 agosto, i morti vengono ricordati con una  Messa di suffragio.

Nell’occasione viene ripetuta la preghiera del carabiniere, dedicata alla Virgo fidelis, per testimoniare “con la fedeltà fino alla morte” l’amore per i fratelli, qualunque sia la loro fede, il loro colore, la loro lingua; martiri ed eroi della fratellanza e della pace tra i popoli, che così recita:

Dolcissima e gloriosissima Madre di Dio e nostra, noi carabinieri d’Italia, a Te eleviamo reverente il pensiero, fiduciosa la preghiera e fervido il cuore!

Tu che le nostre legioni invocano confortatrice e protettrice col titolo di ‘VIRGO FIDELIS’.

Tu accogli ogni nostro proposito di bene e fanne vigore e luce per la Patria nostra.

Tu accompagna la nostra vigilanza.

Tu consiglia il nostro dire.

Tu anima la nostra azione.

Tu sostenta il nostro sacrificio.

Tu infiamma la devozione nostra!

E da un capo all’altro d’Italia

 suscita in ognuno di noi

 l’entusiasmo di testimoniare,

con la fedeltà fino alla morte,

 l’amore a Dio e ai fratelli italiani.

Amen”.

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-Negli anni ho sofferto quest’ingiustizia, anche perché ho  vissuto un‘importante esperienza di vita nell’Arma, quella che io ritengo, con orgoglio, il vero mio passato professionale.

-Soffro questa ingiustizia per l’indifferenza di “certe Istituzioni” e la ‘mancanza’ di memoria in cui sono sommersi i cittadini su questo triste evento.

Un ringraziamento:

-Al sindaco Danilo Bianchi, il 18 agosto 2005,  che, senza distinzione di ceto o appartenenza politica ha fatto erigere una “stele” in memoria delle Vittime, aggiuntiva a quella fatta porre da Don Nilo Conti.

-Al luogotenente Luca Chiarentin, comandante la stazione CC di Anghiari ed al maresciallo Alessandro Milanesi “unici” attivi attori  nella ricerca di documentazione di una “caserma che alle 10,30 del 18 agosto 1944 fu polverizzata.

-(le foto sono state tratte dall’archivio de “il Fendente”)-

Seguirà la cronaca della giornata odierna che da noi sarà raccontata con altro articolo.

-Gino Dente-giornalista pubblicista-