Quanto guadagna un sindaco? Lo stipendio dei sindaci italiani

Fare il sindaco è un mestiere molto importante ma allo stesso tempo rischioso. Specialmente nelle grandi comunità, dove il sindaco rischia di inimicarsi intere categorie sociali, non è mai semplice gestire il funzionamento di una città. Chi si butta sulla carriera politica per vocazione e per spirito civico è sicuramente più avvantaggiato rispetto a chi lo fa soltanto per la visibilità e per lo stipendio (che, comunque, è molto più basso di quello di tanti altri professionisti privati).
Quanto guadagna, di preciso, un sindaco di un comune italiano? Una breve panoramica può aiutare a fare una stima degli stipendi dei primi cittadini tricolori.

Quanto guadagna un sindaco: stipendi da capogiro…o no?

La politica è indubbiamente un settore in cui girano molti soldi, soprattutto ai gradi alti. Non tutti, però, possono permettersi di sedere in Parlamento e deliberare per tutti gli altri cittadini.

Ci sono altri mestieri di responsabilità politica ben più legati al territorio e alla gente della propria comunità: uno di questi, forse il più rappresentativo, è il mestiere di sindaco.

In Italia la legislazione prevede che il sindaco rimanga in carica cinque anni, al netto di possibili indagini o di crolli della giunta che portano ad elezioni comunali anticipate.
Nel 1999 è stata approvata la legge Bassanini, che regola gli stipendi dei sindaci in base all’ampiezza del comune che amministrano. Nei comuni fino a 3000 abitanti il sindaco difficilmente guadagna più di 1500 euro al mese, a fronte di un collega che amministra un comune sotto i mille abitanti, percependo per questo servizio uno stipendio di meno di 1300 euro.
I numeri crescono via via che le città si fanno più grandi: una provincia importante come ad esempio Bologna, che conta quasi 400 mila abitanti, permette al suo sindaco un guadagno di oltre 5700 euro al mese.
Il sindaco, ovviamente, è una persona come tutte le altre, che prima di fare della politica il suo mestiere aveva un altro lavoro, affine o completamente diverso. Se il sindaco vuole mantenere il proprio vecchio impiego (a meno che non ci sia conflitto di interessi con la carica ricoperta) deve dimezzare l’indennità che percepirebbe come sindaco; lo stesso vale se percepisce una pensione per un lavoro svolto in precedenza e ormai concluso per limiti di età o di contribuzione.
Viceversa, se il sindaco vuole dedicarsi completamente alla propria vocazione civica deve mettersi in aspettativa dal vecchio lavoro senza percepire alcun compenso. In quel caso può usufruire dell’indennità da sindaco in toto.

Buonuscita all’ex sindaco

Qual è il criterio per quantificare l’indennità di fine mandato da corrispondere a un sindaco uscente a seguito dello scioglimento del consiglio comunale? Qual è la modalità di liquidazione dei gettoni di presenza ai consiglieri comunali?

L’art. 82, comma 8, del decreto legislativo n. 267/2000, ha introdotto l’indennità di fine mandato per il sindaco ed il presidente della provincia.

Dalla formulazione testuale della disposizione si evince che la stessa costituisce «un’integrazione» dell’indennità di funzione prevista in favore del sindaco alla fine dell’incarico amministrativo. L’istituto ha trovato espressa previsione e regolamentazione nell’art. 10 del decreto ministeriale n. 119/2000, che ne ha stabilito la misura in un’indennità mensile spettante per ogni 12 mesi di mandato, proporzionalmente ridotto per periodi inferiori all’anno; ciò in quanto la misura dell’indennità si correla essenzialmente alla funzione svolta dal percipiente per il periodo di concreto esercizio dei poteri sindacali.
-Per quanto attiene alle modalità di calcolo dell’indennità, l’amministrazione dell’interno, con circolare n. 5 del 5 giugno 2000 e successivamente con circolare n. 4 del 28 giugno 2006, ha ribadito quanto definito in merito dal Consiglio di stato, all’uopo interpellato, con il parere espresso nell’adunanza della sezione prima del 19 ottobre 2005, con cui viene riconfermato che l’emolumento de quo va commisurato all’indennità effettivamente corrisposta, per ciascun anno di mandato.

Riguardo al secondo punto, in base al testo vigente dell’art. 82, comma 2, del Tuel, i consiglieri comunali hanno diritto a percepire un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un consigliere può superare l’importo pari a un quarto dell’indennità massima prevista per il rispettivo sindaco in base al decreto di cui al comma 8 del citato art. 82. Il successivo comma 11, inoltre, dispone che la corresponsione dei gettoni di presenza è comunque subordinata alla effettiva partecipazione del consigliere a consigli e commissioni con modalità e termini disciplinati dal regolamento comunale.
Ruolo del presidente. In cosa si sostanzia il ruolo super partes attribuito al presidente del consiglio comunale?

Nel caso di specie, il presidente del consiglio comunale è anche capogruppo di un gruppo unipersonale ed esercita il diritto di dichiarazione di voto al termine della discussione di ogni argomento all’ordine del giorno, al pari degli altri capigruppo, nonostante una propria pregressa manifestazione di intenti di non avvalersi del ruolo attivo del capogruppo in termini politici.

Le «dichiarazioni di voto», previste dall’abrogata normativa relativa all’ordinamento degli enti locali (art. 302 T.U. n. 148/1915), che consentivano a ciascun consigliere di esercitare il diritto di far constare nel verbale il proprio voto e i motivi del medesimo, anche al fine di separare la propria responsabilità da quella del collegio, sono ora disciplinate dal regolamento.

Nella fattispecie in esame, il regolamento sul funzionamento del consiglio comunale prevede che prima della chiusura della discussione ciascun capogruppo o suo delegato possa intervenire per le dichiarazioni di voto; inoltre stabilisce che, per la costituzione di un gruppo, è sufficiente anche la partecipazione di un solo consigliere, a condizione che appartenga ad una lista rappresentata in consiglio comunale in seguito alle elezioni. L’art. 39 del decreto legislativo n. 267/00, al comma 1, prevedendo la possibilità, anche per i comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, di istituire la figura del presidente del consiglio, dispone che a questi sono attribuiti, tra gli altri, i poteri di convocazione e direzione dei lavori e delle attività del consiglio. Nulla dispone in ordine ad eventuali affievolimenti dei diritti connessi allo status di consigliere comunale come disciplinati, in particolare, dall’art. 43 dello stesso decreto legislativo n. 267/00, che, dunque vengono mantenuti anche in capo al consigliere-presidente.

La dichiarazione rilasciata dal presidente del consiglio non è, peraltro, vincolante ed è, dunque, inidonea a limitare le prerogative riconosciute ad ogni consigliere comunale.

-fonte: Italia Oggi del 19/12/2014 16:02-

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-fonte: https://www.economia-italia.com › Lavoro dell’ 8 luglio 2017

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