“Sono riusciti ad uccidere il padre”, così un onorevole del Pdl sintetizza i movimenti interni al partito che hanno portato Berlusconi ad annunciare che: “non mi ricandido. Servono i voti di tutti i moderati, anche dei partiti piccoli”.
Secondo quanto può riferire Affaritaliani.it infatti, una larga parte dei dirigenti del partito avrebbe fatto pressioni sul Cavaliere per fargli fare un passo indietro “per il bene del Centrodestra”. Personalità di primo piano come La Russa, Cicchitto, Giovanardi e Scajola avrebbero portato Berlusconi su più miti consigli, facendolo desistere dal proposito di ricandidarsi, eventualità a cui si era preparato per tutta l’estate.
I sondaggi sbandierati in giro non sono così buoni. Il ‘fattore Cav’ sposterebbe pochi punti percentuali (meno dei 9 dichiarati da Berlusconi). Il gioco non vale la candela e la posta in gioco pesante: la sopravvivenza del Pdl.Il due dicembre ci sarà una grande Assemblea, una sorta di Congresso, del Pdl nel quale dovrebbe essere annunciata la morte del partito e la sua rinascita sotto altra veste. La data non è scelta a caso: è il giorno del secondo turno delle primarie in cui, verosimilmente, si saprà se a guidare la coalizione del Centrosinistra sarà Bersani oppure Renzi. E proprio questo dato potrebbe influenzare i lavori dell’Assemblea. Perché il vero nodo da sciogliere, adesso, è trovare un candidato per il Pdl che corra alle Politiche. Alfano si è bruciato le penne dopo l’investitura del primo luglio a segretario e il successivo giudizio del Cav (“gli manca il quid”). Di candidati giovani e che piacciano agli ex An e ex Fi se ne vedono pochi. La Santanché ha già fatto sapere di volersi candidare, ma c’è da chiedersi da quanti sarebbe votata.
Tutti gli occhi sono puntati su Montezemolo, ma chi conosce bene il patron della Ferrari esclude subito l’ipotesi. “Luca non ha alcuna intenzione di candidarsi e d’altronde perché dovrebbe”. Montezemolo infatti non punta a fare il premier. Preferisce mandare avanti la sua lista senza esporsi troppo e puntare piuttosto ad una carica come presidente di una delle due Camere e magari ministro degli Esteri (carica che, sembra, piacerebbe molto ricoprire).
Resta il nodo delle alleanze. Se è vero che Berlusconi ha rinunciato a correre per rendere più digeribile un riavvicinamento con il Centro e la Lega, è altrettanto vero che i possibili partner storcono il naso. La cartina di tornasole sarà la legge elettorale che potrebbe essere votata da Pdl, Lega e Centro. Ma un accordo su un tema specifico non significa alleanza assicurata. Tanto più che da qui al voto di primavera ci sono almeno due incognite: il voto in Sicilia e quello del Lazio. E alla Lista per l’Italia (il movimento che dovrebbe unire Fini, Casini, Montezemolo, Giannino&Co) conviene correre da sola e in un secondo momento decidere con chi stare. -T C- (da Affaritaliani.it)
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